Continua spedita la marcia de “Le
onde positive”. Grazie alla collaborazione, alla cordialità ed alla
disponibilità di Silvio potranno finalmente riunirsi in una location appartenente
alla libreria “FIORIGIALLI”; saletta accogliente e ben fornita sita in Messina
via dei Verdi, 38. Da sabato prossimo 19 ottobre 2013 avranno modo di ritrovarsi,
trattando di volta in volta argomenti essenziali per la personale crescita
spirituale. “EGO – approfondimento sull’egocentrismo”
questo il tema al centro del dibattito. La scelta, che inaugurerà una serie di
tematiche, supportate da diapositive e filmati, ricade su di un argomento di
fondamentale importanza che serve a dare il via al tema vero e proprio che
costituisce la natura del gruppo stesso, ovvero: “La Legge di Attrazione”. Un
lasciapassare che prende come spunto il pensiero di due grandi maestri
spirituali: Tolle e Osho. In prospettiva la possibilità di un dibattito che
prende spunto proprio da due “fari” del pensiero. E’ chiaro che due ore non basteranno
per approfondire pienamente l’argomento che richiederebbe fiumi di inchiostro e
di parole, e quindi, di tempo. Ma il relatore cercherà di toccare quelli che
sono i punti fondamentali: l’origine, il manifestarsi, ed infine, il modo con
il quale cercare di arginare l’ego che è presente in ognuno di noi. L’invito ad
essere presenti è d’obbligo (dato l’ingresso gratuito), soprattutto, per tutti
coloro i quali hanno a cuore argomentazioni spirituali di fondamentale
importanza per un vivere sereno, e non per una sopravvivenza che scarta la vera
e propria ragione di esistenza. La vita intesa come gioia.
martedì 15 ottobre 2013
mercoledì 14 agosto 2013
LE ONDE POSITIVE
Sulla
scorta del successo del film “The secret” La Legge di Attrazione nasce a
Messina il gruppo de “Le onde positive”. Esso trova la sua costituzione
attraverso l’associazione spontanea di alcuni iscritti al gruppo facebook “La
Legge di attrazione”. Il gruppo de “Le onde positive” è il primo gruppo in
Italia che intende radunare fisicamente i suoi iscritti per trattare tematiche
inerenti: La Legge di attrazione, la meditazione, l’inconscio e subconscio, e
tutti gli altri temi che riguardano la spiritualità personale e di gruppo.
Inizialmente, le riunioni avverranno in luoghi di fortuna (locali e giardini pubblici), ma si spera che
con il passare del tempo si riesca a trovare una giusta collocazione per
radunarsi in modo adeguato, affinché si possano sfruttare tutte le potenzialità
legate alle capacità personali e al corposo materiale (libri, DVD, notizie,
eccetera) riguardante le interessantissime argomentazioni trattate. Gli
iscritti assumeranno la denominazione di onda (sulla scorta di quanto affermato
dalla meccanica quantistica), la quale sostiene che gli atomi assumano l’aspetto
di onde di energia e sulla base delle filosofie di pensiero di buona parte di
fisici i quali sostengono che tutto è vibrazione. Da qui la definizione di
onde. Il termine “positive” nasce invece dal fatto che nel mondo,
quotidianamente, si esprimono pensieri positivi che fanno in modo da migliorare
la condizione psicofisica dei soggetti che beneficiano di tale tipologia di
pensiero. Il famoso “pensare positivo” che serve a dare la giusta carica di
energia per affrontare la giornata e la vita. Chiunque volesse iscriversi al
gruppo potrà farlo al seguente indirizzo facebook: https://www.facebook.com/groups/554474554615451/
sabato 29 giugno 2013
FIGLI DI UN DIO MINORE
I provvedimenti a favore dei
giovani disoccupati contengono determinate caratteristiche “discriminanti”. Sei
diplomato? Non puoi usufruire dei vantaggi. Sei laureato? Ancora peggio. Hai a
carico persone? Bene. Non hai a carico nessuno? Nulla ti viene concesso. Ma la
discriminante maggiore, a mio avviso, riguarda l’aver tagliato fuori tutti
coloro che hanno dai trent’anni in su. Forse non si ha alcun diritto superati i
fatidici trenta o trentadue anni? Una discriminante che si estende anche a
tutti coloro i quali sentono il bisogno di fare impresa, (vedi il famoso
Prestito d’onore che tra l'altro non potrà più destinare fondi dall'anno in corso per la numerosa mole di domande) o a tutti coloro i quali intendono lavorare come liberi
professionisti. Hai delle buone idee ma meno di trentadue anni? Lo Stato ti
aiuta. Ne hai trentatré, quaranta o cinquanta, ma anche sessanta? Non va bene e
puoi anche schiattare. In parole povere non contano le idee, solo e soltanto l’età.
Vieni letteralmente ghettizzato; “l’apartheid” tra generazioni. In realtà non
si hanno pari diritti e pari doveri. A mio modesto avviso chiunque abbia: idee,
entusiasmo, combattività e determinazione, ma soprattutto tanta tanta voglia di
fare ha diritto ad avere delle agevolazioni al pari di altri. La
discriminazione riferita all’età riguarda quanto i disoccupati, quanto gli
aspiranti all’imprenditorialità. La bozza sul decreto “lavoro” (scritta
letteralmente con i piedi), è piena di sali e scendi da un comma all’altro.
Tutto scritto ad arte per confondere le idee ai lettori. Questo però è un
aspetto minore. Le cose che spaventano sono i contenuti. Ragionamenti assurdi
che non trovano attuazione nella realtà. Una rete di condizioni che trova
difficile riscontro nella vita quotidiana di chi cerca lavoro. Perché non
lasciare a tutti i disoccupati la possibilità di trovare lavoro,
indipendentemente dall’età? Il frutto dei ragionamenti politici è poi la
risultante esodati. Questi ultimi subiscono le direttive pubbliche trovandosi
poi a metà dell’ingranaggio che, naturalmente, si inceppa. Se applichi una o
più discriminanti senza riflettere bene su cosa vai a legiferare succede
questo. Una questione è dare la precedenza ad una categoria di disoccupati, un’altra
quella di estromettere completamente dai giochi chi non rispetta i requisiti
legati all’anagrafe e ad altre caratteristiche particolarmente meritorie.
Questa si chiama “apartheid”.
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domenica 23 giugno 2013
IN PARLAMENTO CON IL CUORE
Nell’osservare l’intervento della
senatrice Serra (M5S) ho provato davvero una grande commozione dentro di me.
Nel suo intervento si parla di lavoro, di Sardegna, e quindi di Vinyls e Alcoa:
“… Non dico una soluzione ma almeno una presa d’atto, un impegno.” Lo dice
piangendo mentre una collega senatrice cerca di consolarla, incoraggiandola a
continuare il proprio intervento. Quasi
implorando si dispera, impotente davanti al menefreghismo delle istituzioni. Però,
al di là dei validi contenuti, voglio porre l’accento su quello che le sue
lacrime nascondono: il sentire il problema della sua gente, farlo proprio e
trasmetterlo nelle sedi competenti (in questo caso il Senato). E badate non è
assolutamente un “particolare” da poco. Quando dietro le parole si nascondono
le emozioni ciò sta a significare qualcosa. La Serra non ha dimostrato di
essere fragile, almeno io l’ho vista così, anzi, al contrario, ha mostrato
fermezza e determinazione. V’è differenza tra piagnisteo e pianto di rabbia. V’è
differenza tra il pianto della Fornero e quello di questa donna che, a fatica
ha concluso il proprio intervento. Ma il vero motivo per cui ho deciso di
riportare questo episodio è il seguente: “in
Parlamento con il cuore”. Ciò è quello che manca a chi riveste una ruolo
importante, quale una carica istituzionale rappresentativa del popolo. Chi traspare
emozioni non deve assolutamente vergognarsi; anzi al contrario se realmente rappresenta
il popolo deve incarnarne le sofferenze della gente e, quindi, lo stato d’animo
dei cittadini. Questo per me è rappresentanza. Il popolo non è freddo ed
insensibile: al contrario sofferente, confuso e triste e apprezza le persone
che agiscono con un alto dosaggio di sensibilità. Ben vengano questi interventi
che, andrebbero ripresi dalle tv nazionali (a prescindere dall’ideologia
politica). Sarebbe un modo per riavvicinare la gente alle istituzioni. Un modo
per far capire che esiste ancora un’anima all’interno dei palazzi del potere e
che non tutti sono uguali. Ci sono ancora dei politici che possono esprimere
del potenziale tecnico ed umano. E’ bene metterli in evidenza ed incoraggiarli
nella loro opera di sostegno per la soluzione dei problemi (soprattutto quelli
legati al lavoro), affinché la gente possa comprendere che tutto è stato fatto
e che nulla è stato lasciato di intentato, ma soprattutto che si senta
veramente rappresentata nel proprio stato d’animo.
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giovedì 20 giugno 2013
POLIZZA RC PROFESSIONALE
Dal 15
agosto 2013 scatta l’obbligo di stipulare una polizza RC professionale. Essa
rientra nella Riforma delle professioni (DPR 137/2012) e serve ad assicurare il
risarcimento al cliente in caso di eventuali danni provocati da un
professionista, ma ha anche l’utilità di proteggere il patrimonio di quest’ultimo.
Tutti i professionisti: architetti, geometri, agenti, medici, avvocati,
ingegneri, ecc.. dovranno stipulare un’assicurazione responsabilità civile a
copertura dei rischi professionali derivanti dalla propria attività. La legge
non chiarisce quali dovranno essere le caratteristiche della polizza da
sottoscrivere, la Riforma delle professioni (DPR 137/2012) stabilisce solo che
«il professionista è tenuto a stipulare […] idonea assicurazione per i danni
derivanti al cliente dall'esercizio dell'attività professionale». L'idoneità è
rimessa alla scelta del professionista, e definita in sede contrattuale, con la
definizione di tutte le caratteristiche della polizza (massimale, copertura dei
rischi, scoperti, franchigie, etc..). La copertura assicurativa, già presente
nel settore pubblico, diviene obbligatoria SOLO
NEL MOMENTO IN CUI IL LIBERO PROFESSIONISTA ACQUISISCE ALMENO UN CLIENTE.
Il fatto, quindi, di essere iscritti
presso un qualsiasi albo non implica l’obbligatorietà
della copertura assicurativa RC. Per cui, ipoteticamente i giovani
professionisti possono “dormire” sonni tranquilli, almeno fino a quando non
avranno clienti. Da aggiungere infine che i massimali si differenziano per
attività professionale, e quindi, per il
grado di incidenza dell’attività stessa nella sfera del cliente, ovvero per il
livello di gravità. Sta di fatto che questo ulteriore fardello non aiuta chi si avvicina al mondo della libera professione. Non è possibile quantificare un valore orientativo del premio, proprio per le modalità sopra descritte. Il fatto di non conoscere quando dovrà essere sborsato un'altra ragione di assoluta incertezza e poca serenità nello svolgimento della propria professione.
domenica 16 giugno 2013
LA POESIA DEL LAVORO
La poesia del lavoro è l’arte
di saper comprendere come sia difficile trovare il giusto percorso compiendo il minimo sforzo. Nel lavoro spesso si intrecciano tanti stati d’animo
che dipendono molto dall’ambiente in cui si lavora. Se una collega ci è simpatica
risulta chiaro come si possa lavorare in un ambiente più sereno e vivibile.
Dall’altra parte, la collega, se si troverà davanti dei colleghi di lavoro
simpatici, intelligenti ed estroversi, avrà modo di poter lavorare in modo
tranquillo. Al contrario tutto apparirà più difficile. Verranno fuori tutti gli
aspetti negativi che non consentiranno di vivere in armonia il posto di lavoro.
Gli atteggiamenti servono quindi a creare “la poesia del lavoro”; ovvero
quelle condizioni che permettono al lavoratore di esternare con personalità le
caratteristiche che possiede, e che possono diventare una fonte inesauribile
per il successo di un’azienda. Il lavoro di gruppo, se da una parte, può
apparire complesso, dall’altra riesce a fondere al proprio interno le qualità
del singolo. Unendole insieme si costituisce il famoso team. Un percorso ben
fatto richiede il dosaggio di energie da distribuire nel corso del tragitto.
Stessa cosa dicasi nel lavoro. Il percorso è dato dall’obiettivo
stagionale. In un’azienda, di qualsiasi natura essa sia, vengono unite delle
qualità del personale indirizzandole verso un determinato obiettivo che può
essere di breve o lunga durata. Le individualità vengono messe a disposizione
del team che si guarderà bene dal
depauperare risorse non convogliandole verso il traguardo prefissato. Un lavoro
ben fatto è come una poesia che
viene composta con estrema naturalezza e disinvoltura. La naturalezza degli
atteggiamenti riveste, quindi un ruolo importante all’interno, sia di una
struttura produttiva, quanto in quella atta ad erogare servizi. Il raccordo tra
tutti questi elementi? Il quieto vivere. In effetti, un luogo di lavoro sereno
è come un’ambiente di natura familiare. Spesso, però, questa componente viene
tralasciata a discapito della stessa produttività, non tenendo in
considerazione il fatto che essa, in realtà, ne fa pienamente parte. I
selezionatori di personale, spesso, tralasciano questa componente, a mio avviso
sbagliando. Un team che funzioni, riassumendo, contiene senza dubbio al suo
interno la poesia del lavoro.
sabato 15 giugno 2013
LAVORARE IN GERMANIA
Se avete l’intenzione di trovare
lavoro in Germania e desiderate ottenere informazioni complete sul paese di
destinazione consultate il “CAM”: Agenzia federale per il lavoro. Esso offre
indicazioni complete circa il permesso di lavoro ed il permesso di soggiorno.
Contiene principi giuridici nonché pubblicazioni e link aggiuntivi. Offre un
primo orientamento suI controllo dell’immigrazione e fornisce informazioni
utili al fine di ottenere un permesso di lavoro per poter lavorare in Germania.
Sono disponibili, inoltre, informazioni dettagliate relative ai seguenti
settori:
- - Aiuto domestico per famiglie che necessitano di
cure;
- - Occupazione per artisti stranieri;
- - Lavori estivi per gli studenti;
- - Stage per studenti;
- - Consulenze legali per emigrati.
Il rilascio del permesso di
lavoro e/o permesso di soggiorno avviene per tutti i cittadini degli Stati
membri dell’Unione europea che ne facciano richiesta. Unica eccezione per i
membri degli stati UE Romania e Bulgaria ai quali si applicano disposizioni
transitorie alternative al permesso di lavoro.
I cittadini di altri paesi devono
lavorare per ottenere un permesso di soggiorno. Solitamente deve essere
approvato dall’Agenzia federale del lavoro. Solitamente interviene un’autorità
di immigrazione nazionale tedesca a compiere una missione diplomatica al fine
di mediarne l’approvazione. Esistono inoltre regole speciali per i cittadini
dei seguenti paesi: Australia, Israele, Giappone, Canada, Corea, Nuova Zelanda,
Stati Uniti. I membri di questi stati possono ottenere il permesso di soggiorno
necessario soltanto dopo che le autorità
competenti in materia di immigrazione tedesca abbiano rilasciato un’apposita
autorizzazione. Da annotare che essi possono lavorare soltanto dopo aver
ottenuto apposita autorizzazione e non prima che ciò avvenga. L’AE ed il CAM
sono gli uffici competenti per il rilascio dei permessi di lavoro per
lavoratori stranieri. Nei siti di loro pertinenza si possono trovare tutta una
serie di informazioni utili a trovare
datori di lavoro e lavoratori e tutto ciò che c’è da conoscere per la
presentazione delle domande. Altre informazioni generali su come vivere e
lavorare in Germania, riconoscimento delle qualifiche, opportunità di lavoro e
sicurezza sociale si possono trovare sulla piattaforma internet della International
Personnel Services CAM all’indirizzo: www.zav-auslandsvermittlung.de/deutschland
e sul portale EURES (European Employment Services all’indirizzo: http://ec.europa.eu/eures
martedì 11 giugno 2013
LA CULTURA "EMARGINATA"
La cultura in questa città viene
sempre dopo, in secondo o terzo piano. Nonostante sia sede di Università non
riesce a far prevalere il concetto di preparazione e di abitudine alla
istruzione in modo da arricchire la società, rendendola migliore e adeguandola
al pari di altre importanti città. Messina, tredicesima città per popolazione,
non riesce ad esprimere eccellenze, a farle emergere dalla mediocrità. Il basso
tenore di vita domani anche nelle menti di gran parte dei cittadini. Ma io non
voglio e non posso credere che questa mia affermazione trovi riscontro nella
realtà. Mi piacerebbe essere smentito. Eppure ci sono molte persone per bene ed
istruite che stanno nei bassifondi, che non vengono considerate, quasi
emarginate. Davvero un paradosso! I recentissimi fatti legati alle elezioni
comunali ne sono una prova. E’ mai possibile che non si riesca a rispettare
apposite normative legate alle votazioni e ai rispettivi scrutini??? Tutta questa confusione nasce dal fatto
che, in molti seggi, presidenti sprovvisti di preparazione, hanno lavorato
secondo propria iniziativa e non attraverso gli strumenti in loro possesso.
Pensavano di fare meglio, in realtà hanno solo peggiorato le cose. Una
disorganizzazione totale. Ho assistito personalmente a scene che sono tra l’ironia
e la disperazione. Un mancato collegamento diretto tra organi istituzionali e
seggi ha fatto il resto. Eppure siamo nel 2013, nell’era moderna. Si possono impartire
direttive con i moderni strumenti di comunicazione, essere di certo più
tempestivi. Ma non voglio accampare scuse! In altre città si è da ore in
possesso dei dati ufficiali, al contrario della Città dello Stretto. E’ sempre
stato così, ma non si è posto alcun rimedio affinché le cose cambiassero.
Occorre una rivoluzione culturale, rimettendo le cose a posto. Le persone di
maggiore preparazione devono andare a capo della città e non rimanere indietro.
Basta con la cultura dell’ignoranza! Che bella immagine stiamo dando alla
Nazione tutta. La meritocrazia deve prendere il posto all’inettitudine.
lunedì 10 giugno 2013
GUADAGNARE ON LINE
Per fare soldi on-line è
necessario essere originali. Mark Zuckerberg ha lanciato facebook, nota
piattaforma diffusa in tutto il mondo, quando non esisteva nulla di simile.
Adesso vale 17,5 miliardi di dollari, secondo recenti stime di Forbes. Drew
Houston, coofondatore di Dropbox ha racimolato tanti soldi. Lo strumento
“web-based” ha fatturato ben 240 milioni di dollari nel 2011. Eric Lefkofsky,
fondatore di Groupon ha donato 1 milione di dollari ad una grossa fondazione.
Egli possiede un patrimonio netto di 2,9 miliardi di dollari (stime Forbes).
Esistono ancora modi, però, per fare soldi attraverso la rete. Occorre avere
tanta fantasia e creatività, ma soprattutto serve un impegno deciso e convinto.
YouTube ha lanciato la carriera
di molti musicisti, tra cui Justin Bieber, il giovane re del pop che ha
guadagnato 108 milioni di dollari nel corso degli ultimi due anni. Il duo pop
Karmin, ha firmato un contratto discografico di 1 milione di dollari dopo la
loro “Look At Me Now”. Il loro video ha realizzato milioni di visualizzazioni
dal caricamento avvenuto nell’aprile 2011. Il loro primo singolo è diventato
disco di platino. Di certo non occorre essere cantante per diventare una star
di YouTube. Si può, per esempio riprendere un video di un bambino, di un
animale domestico o altro per poter catturare l’attenzione dei visitatori.
L’autore di “David After Dentist” ha totalizzato più di 100 mila dollari da
YouTube. Inoltre, un video molto guardato attira facilmente il merchandising, e
quindi, altri soldi incassati dalla pubblicità. Anche i blogger possono fare
grandi cose. In primo luogo, è necessario impostare un sito che diventerà la
vostra piattaforma per scrivere di: musica, moda, finanza o qualunque cosa sia di
vostro interesse. Costruendo un seguito di lettori si potrebbe catturare
l'attenzione di aziende che cercano di acquisire il vostro sito. Nel 2008, John
Wu, fondatore della Bankaholic.com, ha venduto il sito di Bankrate, Inc. per
14,9 milioni dollari. La TechCrunch è stata acquisita da AOL nel 2010 per 30
milioni di dollari, facendo arricchire il suo fondatore, Michael Arrington.
Esistono, inoltre, tante altre piattaforme da sfruttare, tra cui eBay. Attenzione
però a farsi ingannare dai facili guadagni, poiché non esistono. Certo, occorre
tanta fortuna, ma nulla viene per caso.
giovedì 6 giugno 2013
LA STAFFETTA
Il governo Letta intendeva
proporre una sorta di "staffetta" per dare concretamente lavoro ai
giovani per sottrarlo agli anziani. Il suo obiettivo quello di trovare una
occupazione ad almeno 100 mila ragazzi. Questa politica del lavoro è stata però
bocciata in ambito europeo. In effetti, spostare il problema non è la soluzione
corretta per risolvere l'annosa questione. Un po’ come la coperta corta che
scopre i piedi per coprire la testa e viceversa. In realtà non esiste una
strategia vera e propria, ma un’accozzaglia di idee confuse, in piena
contraddizione tra loro stesse. Il vertice con a tema la disoccupazione,
istituito tra i maggiori paesi europei: Spagna, Germania, Francia e Italia che
si terrà a Roma nei prossimi giorni
potrebbe portare a frutti insperati fino ad oggi; anche se concretamente
non si vede all’orizzonte uno spiraglio. Il problema non riguarda solo l’Italia
ma l’intera Europa che accusa un calo significativo nei consumi interni
(eccezion fatta per la Germania), e quindi, una necessità di manodopera
inferiore rispetto a quella attuale. Tra l’altro appositi studi confermano un
calo nell’occupazione esistente, pari a circa 300 mila unità, entro l’anno. L’immissione
sul mercato dei disoccupati (pari a 3 milioni circa) comincia a preoccupare
seriamente la settima potenza industriale al mondo. I valori attuali di
disoccupazione, infatti, ricordano il periodo del 1977, anno in cui si registrò
il tasso di disoccupazione più alto nell’ultimo mezzo secolo. Risvolti di crisi
si osservano quotidianamente, con un crescente malumore registrato in buona
parte dei paesi continentali. Ma, se non si riprendono i consumi, se non si
crea nuova domanda, se non si sostengono le imprese, difficilmente si verrà a
capo di una questione strutturale che avvinghia l’intero Paese e buona parte d’Europa.
In Giappone, dove l’inflazione era pari a zero, e dove l’economia era stagnante
si è provveduto ad innalzare i prezzi di
mercato. Ciò è il risultato di nuova e copiosa immissione di denaro. I
nipponici, tra i popoli con più alto debito pubblico, hanno dato, in questo
modo, una violenta scossa all’inflazione. In definitiva, occorre una serie di
pacchetti ministeriali che vada in un’unica direzione: quella di non intaccare
il lavoro esistente per produrre richiesta di lavoro, e quindi, manodopera, in
modo da formulare un numero di provvedimenti immediati e con prospettiva a
medio e lungo termine. Se non si creano, infatti, le condizioni per “seminare”
il campo esso mai fiorirà.
lunedì 3 giugno 2013
OLANDA: L’AUSTERITA’ TEDESCA E’ FUORIMODA
Si riduce la linea dura tedesca e
i paesi della zona euro hanno abbandonato la politica della fermezza. Potranno
portare in deficit il bilancio. La Germania riconosce come la sua tanto
auspicata austerità sia andata troppo oltre. Si potrà, quindi sforare il 3%
della produzione annuale. La fiducia nella ripresa economica degli Stati Uniti,
nel frattempo, rende il valore del dollaro, a cospetto delle altre principali
valute, più forte, raggiungendo il livello più alto negli ultimi nove mesi.
L’euro si è frattanto indebolito. Le grandi banche olandesi, infatti, prevedono
una diminuzione che oscilla di circa 0,05: passando da 1,25 a 1,20 nello
scambio con il dollaro. L’indebolimento dell’euro non è solo il risultato dei
problemi in corso in Europa, ma il frutto di una politica non coesa.
La Banca centrale europea ha
dichiarato di non avere alcuna intenzione di tagliare ulteriormente i tassi di
interesse. Cosicché i banchieri centrali dovranno accettare una lenta ripresa
economica, senza contare nell’aiuto della BCE.
Il Presidente Mario Draghi ha ipotizzato
aspettative di crescita negative. Il valore del dollaro sta ad indicare, ad
esempio, come le aziende di mais e soia spendano di più, in quanto le imprese
di mangimi composti sono diventate più costose. Anche il petrolio, tipicamente
regolato dal dollaro è quindi divenuto più costoso.
La debolezza dell’euro, implica
delle importazioni più care. Importanti aree del sud Europa sono diverse
rispetto alla Germania, alla Francia e ai Paesi Bassi con una moneta debole che
risulta poco competitiva nel mercato mondiale. Le prospettive di esportazioni
olandesi, per una buona parte dell’agro-alimentare continuano secondo i livelli
di pianificazione centrale. La contrazione dell’economia olandese nel 2013 è
dovuta principalmente ad una diminuzione della richiesta da parte del mercato
interno. Solo in Grecia il consumatore diventa ancor più pessimista. Prognosi:
euro debole.
LE CONDIZIONI DI LAVORO IN CINA
I lavoratori cinesi chiedono il
rispetto dei propri diritti. Qual è il ruolo che le multinazionali possono
rivestire in tal senso? La Lega Internazionale per i Diritti Umani (FIDH) spiega
quale sia il rapporto tra le grandi aziende internazionali ed i lavoratori.
Essa dichiara come ci siano interessanti ed incoraggianti sviluppi, nonostante
esprima delle preoccupazioni circa le condizioni di lavoro che ancora
permangono in buona parte del Paese. Nel novembre scorso a sud-est della Cina
si è svolta un’indagine sul campo, attraverso la quale è stata possibile la
realizzazione di un’accurata relazione. Dagli anni ’90 il sistema legale cinese
è gradualmente migliorato, soprattutto con l’orario di lavoro, i contratti
impiegatizi e sulle leggi relative alle
assicurazioni sociali. In più, l’idea della Cina di diventare la “fabbrica del
mondo” impiegando bassi salari cominciò
a cambiare nel tardo XX secolo. I salari dei lavoratori sono aumentati in modo
significativo. Tuttavia, nonostante questi miglioramenti, i prezzi sono
arrivati alle stelle, mentre i salari dei lavoratori cinesi sono ancora
largamente da terzo mondo in gran parte delle aree remote del Paese. In tanti
hanno dovuto accettare la violazione dei diritti del lavoro, superando le
proverbiali otto ore giornaliere e cumulando uno straordinario di ben oltre le
36 ore. Nelle fabbriche dipendenti lavorano anche dalle 60 alle 80 ore
settimanali. Molti di loro scelgono di vivere in dormitori improntati dalle
stesse fabbriche, altri di rimanere a casa dei genitori per potere sfamare i
propri figli. Altri ancora lavorano intensamente presso le fabbriche nel
Guangdong guadagnando abbastanza per
tornare poi a casa. L’unico sindacato cinese presso l’ACFTU, ramo del Partito
comunista cinese, si impegna nel salvaguardare la stabilità piuttosto che
tutelare i diritti dei lavoratori. La responsabilità sociale delle imprese,
viene soggetta a verifiche molto limitate. Tutto ciò che riguarda gli aspetti
del lavoro: orario, contratti, assicurazioni sociali, alloggi, ecc… non viene
approfondito in fase di controllo. Quando, però, le multinazionali sono state
attentamente monitorate, qualche miglioramento si è verificato. Sta di fatto
che nel corso dell’ultimo decennio, i conflitti sociali della Cina sono fortemente
aumentati. In alcuni casi, lo sciopero e
la mobilitazione sociale hanno apportato
reali miglioramenti. I lavoratori, oggi, fanno un maggior utilizzo dei social
media e dei telefoni cellulari per comunicare e questo ha notevolmente
migliorato la loro capacità di agire ribellandosi al sistema. Sempre più giovani
si rifiutano di sopportare condizioni di lavoro disumane. “La nuova generazione
di lavoratori cinesi sta prendendo provvedimenti per difendere i propri diritti
e li sta sottoponendo alle multinazionali affinché, i propri fornitori
rispettino le leggi sul lavoro in Cina “, ha dichiarato il responsabile dell’FIDH,
partner della Labour Bulletin.
domenica 2 giugno 2013
USA: REINHART E LA CRISI
Aggiunge che la Banca centrale europea stia
leggermente meglio rispetto alle altre banche centrali, ma che la crisi finirà
per coinvolgerla. All’ipotesi paventata sul rischio di inflazione Reinhart
risponde: “il rischio è reale. Ma è sicuramente più difficile per un banchiere
centrale alzare i tassi di interesse, con un rapporto tra debito e prodotto
interno lordo di oltre il 100 per cento rispetto a quando questi si attesta al
39 per cento. Pertanto, credo che il passaggio verso una minore indipendenza
della politica monetaria non sia solo un cambiamento temporaneo”. In merito
alle conseguenze potenziali a lungo termine si esprime così: “non mi oppongo a questo
cambiamento, sto solo affermando che hai a che fare con il modo in cui uno
sbalzo del debito o l'altro e poiché gli alti livelli di debito sono un
ostacolo per la crescita possono paralizzare
il sistema finanziario e il processo del credito. Un modo per far fronte a
questo è quello di cancellare parte del debito”.
sabato 1 giugno 2013
GERMANIA-INGHILTERRA PATTO PER IL WELFARE
Il Consiglio tedesco sul Welfare
(precedentemente noto come Centro di Consulenza tedesco) offre un aiuto ed una
consulenza gratuita alle persone con problemi personali e sociali. Questo aiuto
è fornito da un operatore sociale bilingue con una vasta esperienza in
commissioni legali e volontariato per l’assistenza sociale sia in Germania
quanto nel Regno Unito.
Il Consiglio tedesco sul Welfare
è stato fondato nel 1952 ed è un ente di beneficienza registrato dal 1983. E’
politicamente indipendente. Le finalità e le prospettive di questa istituzione
sono cambiate nel corso degli ultimi 60 anni tendendo alle problematiche
relative alle persone immigrate ed emigrate. Fornisce consulenza alla
commissione di sicurezza sociale, sulle pensioni e sui regolamenti UE. Il
personale del Consiglio tedesco sul Welfare cerca quindi di aiutare le persone
in situazioni di crisi finanziaria e su molte altre questioni sociali che
derivano dal numero maggiore di trasferimento dei dipendenti e dei loro
familiari tra Germania e Regno Unito.
Affinché il Consiglio tedesco sul
Welfare possa continuare nella propria opera, si avvale di cospicue donazioni
ed abbonamenti privati e aziendali in aggiunta al sostegno finanziario
derivante da altri fondi.
Esso si occupa, principalmente di: pensioni, sostegno
a lungo termine, sovvenzioni per le persone in crisi finanziaria, Certificati
di esistenza in vita per le pensioni tedesche. Fornisce, inoltre, consulenze
gratuite su questioni personali e sociali. Il personale bilingue ha vasta
conoscenza in materia di principi di diritto sociale, così come sui metodi di
lavoro delle organizzazioni sociali in Germania e Regno Unito.
OCCUPAZIONE: DATI ISTAT RELATIVI AL MESE DI APRILE
I dati ufficiali Istat relativi
al mese di aprile registrano 22 milioni 596 mila occupati con un calo di 0,1
rispetto al mese di marzo (18 mila unità in meno) e dell’1,6% su base annua
(373 mila unità in meno). Il tasso di
occupazione è pari al 56%, anch’esso in calo di 0,1 punti percentuali
congiunturali e di 0,9 punti percentuali rispetto a un anno fa.
Sono 3 milioni 83 mila i
disoccupati, dato in aumento dello 0,7% rispetto al mese di marzo (23 mila
unità in più). La disoccupazione registra 373 mila unità in più su base annua.
La crescita della disoccupazione riguarda sia maschi che femmine.
Il tasso di disoccupazione
raggiunge il 12% (+ 0,1 punti percentuali rispetto al mese di marzo. 1,5
punti in più nei dodici mesi).
I giovani tra i 15-24 anni in
cerca di lavoro sono 656 mila e rappresentano il 10,9% della popolazione di
pari età. Il tasso di disoccupazione dei 15-24 enni, ovvero l'incidenza dei
disoccupati sul totale di quelli occupati o in cerca, è pari al 40,5%, in
aumento di 0,2 punti percentuali rispetto al mese precedente e di 5,9 punti nel
confronto tendenziale.
Infine il numero di inoccupati tra i 15 e i 64 anni
aumenta dello 0,2 rispetto al mese di marzo (25 mila unità in più). Il tasso di
inattività si stabilizza intorno al 36,2%; dato in aumento di 0,1 punti
percentuali nel confronto congiunturale ed in diminuzione di 0,1 nel confronto
annuale.
IL VERO WELFARE
In un Paese dove non esiste
alcuna forma di welfare l’unico e vero stato sociale viene rappresentato dalla
famiglia. Migliaia e migliaia di disoccupati ed inoccupati fanno riferimento
alle uniche risorse che provengono da genitori e fratelli. Lo Stato sociale
viene totalmente azzerato, quando sarebbe dovere di chi ci governa provvedere
al fabbisogno minimo, al sostentamento di persone che, in primo luogo, hanno
diritto alla propria dignità. Pensionati si accollano le tante responsabilità,
a loro inopportunamente demandate. Questo appare ingiusto in un Paese che si
ritiene essere l’ottava potenza industriale al Mondo, anche se in realtà l’Italia
è stata declassata al decimo posto secondo quanto stabiliscono i dati
macroeconomici dell’ultimo periodo. Un Paese che si ritenga civile non può
accollare tutto alle famiglie, caricandole di fardelli che derivano, non solo
da una abnorme tassazione sui redditi, ma da un costo dei servizi fortemente
spropositato. L’Italia, lo ricordo a chi non lo sapesse, è la Nazione con la
tassazione più alta in Europa e forse nel mondo. Risultato? Famiglie ridotte
sul lastrico. Disoccupazione record e salari tra i più bassi dell’intero Continente.
Se non ci fossero i genitori a salvaguardare i propri figli, a dare loro un
tetto sulla testa, un minimo di sicurezza molti, probabilmente, andrebbero a
rubare. E allora, basta con politiche inadeguate, insensate, inique che non
guardano all’economia reale, allo stato sociale. Occorre dare una sferzata, un
cambio di rotta a 360 gradi. Ma chi veste i panni della povera gente? Delle
numerose famiglie che stanno sulla soglia della povertà? Di chi è già dentro il
baratro? Evidentemente i numerosi fatti di cronaca non adducono a nessuna
riflessione. L’indifferenza, invece, regna padrona. Non serve blaterare, quando
nelle mani si hanno tutti gli strumenti indispensabili per venirne fuori.
Basterebbe accorciare la forbice esistente tra ricchi e poveri, cominciando a
tassare veramente chi detiene capitali abnormi, che poi puntualmente spiccano
il volo verso altre destinazioni. E invece che si fa? Si scudano i capitali
portati all’estero, recuperando un misero 5%, mentre lavoratori dipendenti e
pensionati contribuiscono dieci volte tanto all’economia del Paese. Infine,
fino a quando la famiglia (in special modo i genitori) potrà aiutare i propri
figli? La risposta è semplice! Fino all’esistenza in vita. E poi? Si aprono
scenari inquietanti. Quanto detto dovrebbe servire da monito a tutti coloro i
quali hanno modo di decidere il destino di ogni singolo individuo.
Personalmente ci credo poco, e spero di essere un giorno finalmente smentito.
venerdì 31 maggio 2013
IL CASO ILVA DI TARANTO
La più grande industria
siderurgia europea si trova davanti all’interrogativo più difficile della
storia: lavorare o tutelare la salute di migliaia e migliaia di persone? Una
contraddizione che troverà difficilmente una risposta attuabile in termini
pratici. Esistono due correnti di pensiero. La prima spinge per salvaguardare
il presente ed il futuro di circa 40 mila addetti, l’altra per impedire che
altre persone vengano afflitte da tumori. Probabilmente ambedue le correnti
hanno ragione nel sostenere la rispettiva causa. Il problema, però sta a monte.
Se chi di dovere avesse provveduto a tutelare la zona circostante, e quindi,
avesse preservato l’ambiente (ivi inclusi gli abitanti) per tempo tutto questo
non sarebbe accaduto. La mia non è affatto un’accusa, bensì una constatazione
su come siano andati i fatti. Le interpretazioni si prestano al gioco di pochi.
I fatti sono davanti agli occhi di tutti e quindi, in questo caso, purtroppo, la
cronaca prende piede. Neoplasie che si moltiplicano giorno dopo giorno; falde
acquifere contaminate, terreni che subiscono alterazioni e quant’altro. Allora
come venirne fuori? Il governo sa bene che non può gettare sul lastrico
migliaia di lavoratori e rispettive famiglie. C’è chi dibatte sulla chiusura
immediata dell’industria tarantina, chi invece sostiene il suo parziale
utilizzo, chi invece la vorrebbe a pieno regime. A mio avviso, ma è una
personalissima opinione, occorrerebbe bonificare dapprima l’area interessata
per poi predisporre una serie di misure atte a ridurre al minimo l’inquinamento
portandolo a livelli di guardia accettabili. Se l’attività industriale, ridotta
a regime minimo, rispettasse determinati parametri “salva ambiente” credo si
potrebbe continuare a rispettare le commesse; in caso contrario la si dovrebbe
tenere in stand bye. Anche perché i primi a chiedere un minimo di salvaguardia
sono proprio i lavoratori che hanno tutto l’interesse affinché i propri figli
possano crescere in un luogo sano, non malsano e pericoloso per la propria
salute. Nel contempo hanno, però la necessità di portare fieno in cascina, e
quindi, denaro senza il quale nessuno potrebbe sopravvivere. La questione è quindi, senza dubbio,
estremamente intricata. L’augurio mio e credo, di tutti gli italiani, è quello
di raggiungere entrambi gli obiettivi (lavoro e salute) per i quali spingono
ambientalisti, medici e lavoratori stessi, affinché la città di Taranto possa
tornare a crescere nel migliore dei modi, quale moderna città industriale che
guarda anche agli interessi sanitari di tutti i cittadini.
giovedì 30 maggio 2013
INIZIATIVE PER IL LAVORO
Giorni fa mi sono soffermato su
una proposta locale per l’attivazione di nuovi posti di lavoro in ambiti non
interessati dai dipendenti pubblici. Essa riguardava svariati campi: ristrutturazione
di palazzi in stato di abbandono e relativa riqualificazione, servizio civile,
pulizia di aree abbandonate, sfoltimento di erbacce, rimozione di murales, personale
addetto all’incremento turistico, eccetera. Tutte iniziative che potrebbero
occupare tanti ragazzi al fine di recuperare buona parte della città. Sono
sempre dell’avviso che la mancanza di lavoro sia rivolta principalmente nell’ambito
privato e non per esigenze pubbliche. Collocare una miriade di persone in questa
tipologia di settori consentirebbe di creare il cosiddetto “indotto”, e quindi,
il coinvolgimento anche dei privati. Per quel che riguarda i finanziamenti si
ricorrerebbe ad un piccolo contributo, con promessa però di restituzione
tramite decurtazione dalle tasse, da parte dei cittadini. Un euro mensile a
singola persona consentirebbe di cumulare centinaia di migliaia di euro da
intercalare in un fondo costituito, per esempio, dalla Cassa Depositi e Prestiti.
Inoltre, si potrebbero coinvolgere
capitali privati con la promessa di dividendi commisurati agli utili conseguiti,
senza però consentire a questi ultimi di poter decidere su eventuali tagli del
personale. Lo Stato centrale provvederebbe,
invece, all’affidamento temporaneo di buona parte del patrimonio andato in
disuso e al pagamento dei contributi
previdenziali. Si potrebbero, ad esempio, recuperare edifici, palestre, strutture
lasciate incomplete ed in totale stato di abbandono, per poi metterle in
vendita o darle in gestione a dei privati ad un prezzo di mercato. Gli introiti
derivanti servirebbero per finanziare il lavoro e per rimpinguare le casse
vuote dei comuni. La selezione degli addetti a questi lavori avverrebbe secondo
precisi criteri, quali: carico familiare, periodo di disoccupazione, età. Gli
esodati, richiederebbero invece un trattamento a parte. Potrebbero, per
esempio, secondo le proprie competenze impegnarsi nell’organizzare corsi di
formazione per i giovani apprendisti. Penso, ad esempio, all’edilizia. Il
criterio, per il loro impiego, potrebbe essere quello derivante dal periodo
mancante per il raggiungimento della pensione. Un criterio che sia, quindi, inversamente proporzionale al periodo da
sanare. Gli obiettivi finali raggiunti sarebbero essenzialmente tre:
impiego di giovani e meno giovani, una maggiore vivibilità della città ed,
infine, il recupero del Patrimonio Immobiliare. Avremmo così delle città che
sarebbero molto più appetibili dagli stranieri, con conseguente introduzione di
nuovi capitali. Per fare tutto ciò è chiaro come sia necessario riorganizzare l’intero
apparato pubblico, dandogli precise competenze, che non sconfinino con i
compiti dei neo assunti e viceversa. Ma soprattutto, occorre tanta buona
volontà da parte delle istituzioni e dei governi locali.
mercoledì 29 maggio 2013
LAVORARE PER VIVERE
L’aspetto esistenziale di un
disoccupato riflette tutte le sue ansie, le paure cumulate nel tempo dell’attesa,
spesso infinita e scoraggiante. Tutto questo consente il “dissesto” morale
della persona, la quale (esasperata) non riesce più ad attingere dalle poche
energie mentali rimaste. E allora tutto si tramuta in inferno, depressione. Un macigno staziona in loro, come un groppo alla gola che non svanisce. Cominciano a mettersi in discussione i pilastri stessi della vita. Se a quanto
detto aggiungiamo la mancanza di una prospettiva la frittata è fatta. Un futuro
senza certezze, e soprattutto, senza pensione. Quanti precari versano i
contributi previdenziali per poi trovarsi con un pugno di mosche in mano?
Quante persone finanziano le pensioni a coloro i quali hanno un lavoro a tempo
indeterminato? Provate per un attimo a rispondere a queste domande. E allora
appare ovvio come molti di noi dovranno lavorare fino all’ultimo giorno di
vita. “Lavorare per vivere” e non “vivere per lavorare”: questo il mio motto. Ed
invece ci troveremo a dovere vivere per lavorare! E’ questa la realtà. Senza
sapere fino a quando, senza avere alcuna garanzia, senza nessuna prospettiva
per molti giovani di poter realizzare il sogno di una vita: la famiglia. L’assegno
sociale, mesi or sono, stava per essere messo in discussione sia alla Camera
quanto al Senato, ma per quanto tempo lo Stato lo renderà ancora disponibile?
Temo ancora per qualche decennio, forse per qualche anno. Come vedete gli
interrogativi sono tanti, e le poche risposte possibili sono esclusivamente
contenute nel futuro. Proporrei di restituire
i contributi previdenziali insufficienti al raggiungimento di un minimo di
pensione, cumulati nel tempo, versati durante prestazioni occasionali o a tempo
determinato, ai legittimi possessori, in
modo da poterli aiutare nel proprio sostentamento. Tanti sono i casi in cui
gli esodati, per esempio, si ritrovano con 15, 20, 25 anni di contributi
versati senza poter accedere alla pensione minima. Qualcuno di loro provvede
all’integrazione con versamenti volontari, il più delle volte costosi e
dispendiosi. Costoro, per assurdo devono ritenersi fortunati, in quanto un
minimo di reddito da lavoro dipendente lo hanno raggranellato. Sta di fatto
che: disoccupati, inoccupati, esodati, inabili al lavoro, vengono accomunati
dal medesimo destino, quello di avere enormi difficoltà, non solo sul piano
della prospettiva, sul piano occupazionale, ma sul piano familiare e sociale.
Ci sono intere famiglie sul lastrico. I poveri aumentano, le risorse calano, e
contemporaneamente la rabbia cresce, così come gli omicidi ed i reati, per non
parlare dei suicidi. La depressione è un rischio fondato. Essa non va
sottovalutata ma affrontata seriamente dalle istituzioni.
martedì 28 maggio 2013
CONSIDERAZIONI SUL VOTO
lunedì 27 maggio 2013
MESSINA E GLI ANNOSI PROBLEMI
sabato 25 maggio 2013
TASSI DI DISOCCUPAZIONE AL MONDO (DATI AGGIORNATI)
La mappa rappresenta la densità
attuale di disoccupazione dell’intero pianeta. La Svizzera è il Paese che
registra il più basso tasso di disoccupazione al mondo: 3,1% nel mese di
aprile. Salta all’occhio come anche il continente australiano registri una bassa
percentuale di disoccupati. In aprile il tasso di disoccupazione è passato dal
5,6 al 5,5%. Un dato migliore rispetto alle attese, dal momento in cui gli
analisti stimavano un risultato invariato mensile. Il numero delle persone che
hanno ottenuto un nuovo lavoro è salito a quota 50.100 unità. Gli impiegati a
tempo pieno hanno registrato un incremento di 34.500 unità. Il Brasile, che nel
dicembre 2012 faceva segnare il dato più basso negli ultimi dieci anni, con un
tasso di disoccupazione pari al 4,8% ha registrato una flessione perdendo un
punto percentuale passando all’attuale 5,8% (dato aggiornato ad aprile 2013);
segno che il paese sudamericano sta attraversando un periodo di difficoltà.
Facendo degli studi ho notato come i paesi a bassa densità di popolazione siano
chiaramente favoriti, eccezion fatta per la Svizzera che registra una densità
di popolazione pari a 192,01 (dato fermo al 2012), in continua e costante ascesa.
Nonostante tutto abbassa o mantiene il tasso di disoccupazione. La cosa alquanto strana sta nel fatto che in
Germania (tasso di disoccupazione pari al 6,8% ‘marzo 2013’) la densità di
popolazione per chilometro quadrato abbia registrato una parabola discendente.
La flessione parte dal 2006 (230,86 ab km/q) per arrivare a quota 227,73
abitanti per km quadrato del 2012. L’Italia, al contrario della Germania che ha
segnato un vero e proprio tracollo, nel 2010 ha registrato una netta impennata della
densità di popolazione raggiungendo quota 203,3 (dato registrato al 2012).
Esistono delle analogie tra tutti questi dati? Per un verso non sembrano esservene, eccezion fatta per Germania e Italia. Sarà un
caso? Una cosa è certa, il Paese da cui trarre spunto è la Svizzera che, come
densità risulta essere molto vicina a quella dell’Italia.
venerdì 24 maggio 2013
I TAGLI
Tanti i propositi del governo:
Imu, Cassa Integrazione, occupazione per i giovani e giovanissimi, il
mantenimento dell’IVA al 21%. Tutte operazioni che richiedono lo stanziamento
di denaro pubblico. Ad impinguare le casse dello Stato i cosiddetti tagli alla
spesa. Regna, però, la confusione. Dove prendere tanti soldi? Occorrono circa
11 miliardi di euro per poter attuare quanto preventivato. La soluzione? Tagli
orizzontali sugli sprechi. E di denaro pubblico sprecato che si potrebbe
recuperare ve n’è tanto: dalle auto blu,
agli stipendi dei parlamentari, alle Province, alle liquidazioni, alle pensioni
d’oro, ai sostanziosi stipendi corrisposti ai Manager o a tutte quelle spese di
ordinaria amministrazione. Tagli da operare a tutte quelle regioni che non
siano virtuose e che abbiano una sanità malata (vedi le pensioni ai falsi
invalidi). Sembra facile vero? Il problema sta nel fatto che alcuni di questi
tagli si riflettono sui cittadini, i quali, non godrebbero più di alcuni
servizi fondamentali. Penso, per esempio, ai portatori di handicap o all’assistenza
agli anziani. Attenzione, quindi, a tagliare tutto ciò che rappresenti un
diritto sacrosanto dei cittadini, quali: i trasporti, l’istruzione e la sanità.
Anche perché, come al solito tutto ciò andrebbe a riflettersi sulle casse dei
comuni, avvinghiati tra Patto di Stabilità e tagli nazionali. Molte amministrazioni comunali sono già in
dissesto finanziario, altre ne sono vicine.
giovedì 23 maggio 2013
MANAGER E FIAT
Il lavoro consente il rispetto della dignità personale. Sentirsi utili alla società collaborando alla crescita è, aldilà dell’aspetto economico, qualcosa che riempie di orgoglio l’individuo. Oggi, si riesce ad individuare una nicchia “felice” nell'ambito del lavoro manageriale. Compensi per migliaia di euro, nonostante l’esito aziendale preventivato non si sia realizzato. Grosse responsabilità ricadono nei manager che non riescono a sviluppare un progetto redditizio con conseguente incremento dei dividenti. Si assiste allora ad una netta sperequazione tra lavoratori dipendenti e dirigenti. Un rapporto che, anticamente, era di 1 a 10, contro l’1 a 1000 degli ultimi anni. Occorre riequilibrare una situazione divenuta insostenibile. E’ uno schiaffo alla gente che lavora operosamente non avendo in cambio ciò che spetta loro. Appare evidente come una differenza così ampia sia ingiustificata, considerando anche che le grosse società tendono a smobilitarsi oppure a decentrare le proprie attività all’Estero. Ciò avviene principalmente per due ragioni: costo della manodopera più basso, ridotta imposizione fiscale. E’ freschissima la notizia riguardante la FIAT, la quale smobilita dall’Italia per trasferirsi a Londra. Un’operazione che sottrae alle casse dello Stato più di 500 milioni di introiti annui; proventi delle tasse. Lo Stato Inglese registra, invece, una pressione fiscale di gran lunga inferiore all’Italia, con la prospettiva di abbassare ulteriormente le tasse nei prossimi due o tre anni. Tutto ciò fa gola alla FIAT che ha deciso di sfruttare tale importante opportunità. Però l’azienda torinese ha usufruito per decenni dei finanziamenti pubblici chiudendo stabilimenti oppure ridimensionandoli notevolmente. Quindi, la più grande industria italiana, adesso ringrazia e saluta. Se lo Stato si fosse imposto in modo chiaro e categorico, così come ha fatto Obama negli USA, tutto ciò non si sarebbe verificato. Il presidente americano è stato chiaro: “se decentri l’industria portandola all’Estero io ti sottraggo i finanziamenti pubblici. Se licenzi operai americani ti sottraggo i finanziamenti pubblici.” Ha assunto, cioè, una chiara posizione. Stessa cosa dicasi nei confronti delle banche, alle quali ha “intimato” altre condizioni, a mio avviso, pienamente condivisibili. Sicuramente la forza di Obama è ben più importante rispetto ad una repubblica di tipo non presidenziale come quella italiana, ma ciò non toglie che si poteva e si doveva agire in modo ben diverso rispetto a come si è fatto fino ad oggi. Andavano dettate condizioni ineluttabili a Marchionne in modo da farlo ragionare nell’interesse del Paese, e quindi degli operai, e non delle proprie tasche.
QUANDO IL LAVORO NON C'E'
Ogni giorno mi cimento a guardare
le novità di cronaca. E quando leggo di persone che, purtroppo si tolgono la
vita, rimango sgomento; rimarrei sorpreso qualora non leggessi di queste
notizie. Mi chiedo per quanto tempo ancora dovrò leggere di giovani e anziani
che si tolgono la vita, senza però darmi una risposta. La crisi non bada a età,
ma fa coesione ed è solidale con tutti coloro i quali attraversano una profonda
crisi economica e morale, senza discriminazione di sorta. In questo panorama,
estremamente tragico, occorrere porre rimedio. Una ferita che sanguina senza l’opposizione
di alcun tampone è destinata a non guarire mai. Il lavoro non c’è, e questo
senza tema di smentita è un dato di fatto. E allora che facciamo? Ci
rassegniamo? La risposta è no. Se l’occupazione manca occorre creala. Internet,
ad esempio, rappresenta un calderone da cui poter attingere tutta una serie di
informazioni utili affinché si possa realizzare un progetto, piccolo o grande
che sia. Basti guardare a ciò che avviene negli USA e negli stati emergenti.
Idee che si mettono in moto attraverso: blog, canali di informazione, e colossi
quali You Tube. Quest’ultimo ha dato l’opportunità a molti giovani di crearsi
uno spazio ben definito, consentendo loro di applicare le proprie passioni e
conoscenze al servizio degli internauti. Per loro, maggiore visibilità,
maggiori introiti. Alcuni di loro hanno racimolato somme consistenti nel giro
di pochi mesi. Con internet, in effetti, sono nate nuove professioni e altre ne
nasceranno. Il fattore positivo da non sottovalutare, i bassi costi di
gestione. Per cui, con poche decine di euro si possono sviluppare anche
progetti importanti coinvolgendo il pubblico della rete. Nulla avviene per
caso: impegno, abnegazione, pazienza e determinazione sono elementi
fondamentali nella riuscita di un minimo di progettualità. Da evidenziare,
inoltre, come sia stata abbattuta la barriera della lingua. Grazie a strumenti
di traduzione, si può tranquillamente interagire nel mercato globale, accrescendo
conoscenze personali, accentuando un dinamismo comunicativo, accelerando le
possibilità e accorciando i tempi dell’interscambio culturale moderno. Si
possono creare forum collaborativi, in cui mettere in campo la propria
esperienza. Il piacere della sfida con se stessi e con gli altri non può
rimanere sopito. La combattività è importante, così come la capacità di
competizione del singolo. La grinta è l’arma migliore, così come la serietà che
si applica nel compiere una serie di operazioni mirate nel tempo. E allora
spazio alla fantasia, e in bocca al lupo.
martedì 21 maggio 2013
IL GOVERNO: L'IMU E IL LAVORO
Da decine di giorni si sente
parlare di provvedimenti governativi a favore del lavoro. La realtà dice che
non è affatto così. Trovare i soldi per rifinanziare la Cassa Integrazione in
deroga non equivale creare nuove opportunità. La questione è certamente di
rilievo, ma il governo pensa a tappare le falle che nel corso del tempo si sono
sempre più allargate. Centinaia di migliaia di cassaintegrati aspettano altre
risposte. Attendono di poter riprendere il percorso interrotto per via della
crisi. Ultimamente si discute su quali formule trovare per occupare almeno
centomila ragazzi sotto i ventisei anni. Come si intende agire in tal senso,
considerando che la mole di disoccupati si attesta intorno a tre milioni di
unità e che gran parte di essa è costituita da giovanissimi? Occorrono provvedimenti seri. Risulta evidente come il governo venga
polarizzato dagli interessi di uno schieramento politico, il PDL, tant’è che
non fa che parlare di IMU. Personalmente, bene accolgo le proposte che
riguardano la tassazione IMU rivolta alle prime abitazioni di lusso. Occorre, però, fare un distinguo secondo parametri precisi. Ci sono immobili con determinate
caratteristiche (pochi metri quadri, collocazione periferica, stabili
fatiscenti, ecc...) e ve ne sono altri che si differenziano per: collocazione
in centri storici, parecchi metri quadri, stabili moderni e/o ristrutturati,
ecc…). Bisogna infine guardare oltre non limitandosi a detti parametri, ma
unire agli stessi la condizione di tipo reddituale (singola e familiare), in
modo da avere un quadro completo della situazione e poter stabilire se tassare
o meno l’abitazione. Questi principi appaiono, a mio avviso equi. Per il lavoro il discorso
appare decisamente diverso. Una numero crescente di concetti e considerazioni
lo rendono sempre più complicato e complesso. Una serie di interessi di
bottega, di pensieri astratti e astrusi lo
appesantiscono piuttosto che semplificarlo. Teorie di macroeconomia
mastodontiche sono risultate fallimentari. Grandi economisti falliscono senza
venire a capo del problema. Sfaterei la frase che dice: “più mercato più
occupazione”. Inutile fare demagogia. Il problema non è il soddisfacimento del
mercato interno (nonostante la globalizzazione introduca in Italia prodotti più
economici), bensì quello di rendere competitivo l’export con l’utilizzo di
menti e manodopera al fine di competere con l’intero Globo. Il tema lavoro andrebbe
sciolto in una sintesi elementare e non estremamente intricata. Purtroppo, ad
ostacolare l’obiettivo di snellimento, le leggi, che rappresentano delle vere e
proprie maglie dove vengono imprigionate le idee di sviluppo e di crescita. La
burocrazia va modellata e anche di parecchio, affinché si costruisca un
apparato di norme che vada verso l’obiettivo delle assunzioni. Unico e solo
obiettivo affinché l’Italia esca davvero dalle secche in cui è oggi, più di
ieri, impelagata.
lunedì 20 maggio 2013
IL CONCETTO ETICO-MORALE ALLA BASE DELLA SOCIETA'
Ieri ho avuto modo di assistere
ad un piccolo dibattito tra alcuni dei candidati a sindaco di Messina. A
seguito di alcune domande ho avvertito un forte imbarazzo nel dare le risposte
da parte degli intervenuti. Alla domanda: “cosa intenderà fare per risolvere il
problema economico nel medio e lungo periodo?”, ho avvertito un certo imbarazzo
da parte del singolo interlocutore, dato da continue esitazioni, e da uno stato
di evidente insicurezza. Risposte aleatorie, vaghe, frammentarie. Molti
professionisti della politica, burocrati e quant’altro snobbano il concetto
etico, e a mio avviso sbagliano. Io alla domanda di cui sopra avrei risposto in
tal modo: “dare una obiettivo dal punto di vista etico-morale”. In questa città
non si è ancora compreso che una buona educazione data ai giovanissimi di oggi
è fondamentale per costruire il futuro economico dei prossimi venti anni.
Sostengo da moltissimo tempo come una buona istruzione (corredata da un modo di
vivere civile e non irrequieto dal punto di vista comportamentale) sia alla
base dell’economia di domani. A mio avviso la società del prossimo futuro, va
quindi costruita sull’etica e spiego il perché.
Provate, per esempio, a immaginare la città, piuttosto che essere abitata da
messinesi venisse popolata da tedeschi, quale sarebbe il risultato? Una città
funzionale e vivibile, senza immondizia, ordinata e precisa, con la buona
abitudine della raccolta differenziata. Sarebbe cioè una città molto più appetibile
che adesso; su questo non nutro dubbio
alcuno (perdonatemi la presunzione). Certo, è verissimo, ci sono le tradizioni
culturali che un determinato territorio assume, sin dalle proprie origini,
quale modello e stile di vita, i modi di pensare. Tutto va bene, ma quanto
sopra detto, non giustifica la mancata ricercatezza del desiderio di evolversi,
di migliorarsi mantenendo i capisaldi della propria storia. Soprattutto,
nessuno vieta di amare e rispettare la propria città, come fosse il proprio
salotto. Le cose non vanno affatto in contraddizione. Se un bambino viene
educato alle buone maniere, sin dai primi anni della sua infanzia, avendo
precisi stereotipi, coerenti con il modo di agire, probabilmente assumerebbe un
atteggiamento di rispetto verso i propri simili e verso l’ambiente che lo
circonda. Insisto su questo punto, perché ritengo che una città si debba
presentare in un certo modo per poter attrarre investimenti da parte dei
privati. Le regole di un territorio, equivalgono a quelle di una persona che
per poter fare marketing veste bene, parla in un certo modo ed esprime dei
contenuti ben precisi. E secondo voi una città che non esprima civiltà,
rispetto per l’ambiente, cultura per la legalità, può essere appetibile all’esterno?
Bene, avete dato una risposta a voi stessi.
sabato 18 maggio 2013
FABBISOGNO E IMPIEGO DELLE RISORSE
L’occupazione si divide in due
tipologie: quella che serve a soddisfare le necessità di beni e servizi, e
quella che crea nuove necessità di beni e servizi. Analizzando l’attuale
situazione ci si rende conto come la necessità di beni sia notevolmente calata,
mentre al contrario, la necessità di servizi si sia notevolmente impennata. Di
certo il fabbisogno di: sanità e trasporti diventa sempre più crescente. Ciò è
dovuto a fattori quali l’invecchiamento e la freneticità della vita quotidiana.
Allora oggi parlare di consumi puntando ad una maggiore produzione sarebbe consumare
inutili risorse, andando ad intasare un mercato che non ha richieste. Se per le
materie prime e raffinate il discorso è diverso, nonostante il fabbisogno
petrolifero sia calato negli ultimi anni, risulta chiaro che occorra indirizzare
l’attività lavorativa o verso la creazione di risorse alternative (e quindi la
ricerca) per abbassare le importazioni o verso le esportazioni guardando al
fabbisogno globale, e quindi alla competitività. Altra strada il
soddisfacimento dei servizi interni, che vuol dire anche manutenzione delle
strutture portanti del Paese. Il fabbisogno collettivo è dato principalmente
dal bisogno di istruirsi, nutrirsi, vestirsi, dal tempo libero, a quello di
curarsi, di lavorare, di avere un mezzo di locomozione, ma soprattutto di avere
una propria abitazione. Oramai occorre ragionare in termini di priorità. Ebbene
quelle elencate prima lo sono tutte. Tutto il resto viene messo in secondo
piano. Come potete vedere il bisogno del singolo cittadino è dato in prevalenza
dai servizi: istruzione, sanità, mezzo di locomozione, tempo libero. Servizi
fondamentali che in Italia sono del tutto carenti. E se ad essi aggiungiamo la
burocrazia il quadro è completo. Con tutto ciò voglio dire che l’occupazione di
molte persone dovrebbe essere rivolta a queste tipologie di fabbisogno. In
questo quadro anche la manutenzione necessita di grande manodopera. Quando si
dice che non c’è lavoro, spesso non si guarda a dette necessità. Qualcuno dirà
che essi sono di pertinenza del servizio pubblico. Oltre tre milioni di
dipendenti pubblici che non riescono però a realizzare ciò che gli italiani
desiderano: servizi efficienti. Allora le strade sono due: o aumenta il numero
di dipendenti pubblici, oppure li si organizza in modo diverso. Per quanto
concerne il bisogno del singolo cittadino relativo ai beni ritengo sia
praticamente nullo, proprio perché le industrie sono in sovrapproduzione, ed è
per questo che licenziano. In questo caso allora bisogna guardare all’Estero.
Ecco perché il concetto di competitività si sposa a quello dell’innovazione e
della ricerca, e quindi, all’istruzione. In poche parole lo Stato dovrebbe
garantire i servizi ai cittadini, lasciando alle imprese la possibilità di
crescere e di competere nel mondo globale favorendole fortemente. Unioncamere
di recente ha denunciato un forte calo di domanda interna, ciò a riprova di
quanto sostenuto sopra. Si è vero che questo avviene anche per la mancanza di
liquidità da parte dei cittadini, ma non è detto che in caso contrario sarebbe
avvenuto lo stesso, eccezion fatta per il mercato mobiliare (in fortissimo
calo).
venerdì 17 maggio 2013
LA SCUOLA E IL LAVORO
La scuola dovrebbe rappresentare
il trampolino di lancio per il lavoro; lo strumento mediante il quale mettere
in pratica le proprie conoscenze. Proprio oggi riflettevo su come uno Stato
riesca a tagliare finanziamenti ad un apparato fondamentale per la crescita,
non solo culturale (e quindi astratta), ma pratica (il lavoro). Ci sono tre
fondamentali finalità per cui studiare e sono, a mio avviso le seguenti:
cultura personale, società, lavoro. Arricchire il proprio bagaglio culturale è
importante, così come è importante stare in mezzo ad una società che
quotidianamente scambia idee e pensieri. Ebbene l’istruzione serve, proprio a
materializzare i propri pensieri distribuendoli alla grande massa, così da
scambiare reciproche informazioni con le persone al fine di nutrire il proprio
sapere. Quindi, le prime due finalità sono strettamente correlate, per cui
indispensabili. Sono nel contempo flessibili e, quindi, modificabili a proprio
piacimento a differenza del lavoro. Si, perché la scuola serve anche a fornire
l’alunno di tutte quelle informazioni che servono per sviluppare al meglio la
futura attività. Invece si assiste ad una scuola che fornisce nozioni teoriche
e poco pratiche. Indirizzi scolastici rigidi che oramai risultano desueti, e
quindi obsoleti o ancora meglio inutili. A cosa serve studiare un indirizzo che
concretamente non viene richiesto nell’ambito lavorativo? A cosa serve avere
migliaia di avvocati che rimangono inoccupati? E allora? Esiste una risposta. L’idea
potrebbe essere quella che preveda l’accesso alla scuola media secondaria ponendo
l’alunno davanti ad una scelta che venga indirizzata dal fabbisogno, mediante
proiezioni a 5 anni, di quel momento in Italia ed in Europa. Per fare un
esempio. In un dato momento si prevede la necessità di ragionieri pari a X,
così come di geometri pari a Y e via via dicendo. Questo permetterebbe di
tracciare un obiettivo lavoro che possa avere un minimo di possibilità future.
Risulta chiaro che si tratta di un’operazione complicata e non infallibile, ma
potrebbe dare un’idea di praticità all’alunno. Basterebbe indirizzare degli
esperti verso questa tipologia di studi. La struttura scolastica attuale è
davvero pessima. Poca pratica, farcita da tanta teoria, non serve a formare un
bravo dipendente oppure un bravo operaio. Occorre riformare seriamente la
scuola adeguandola agli standard europei di eccellenza. Le Università italiane
non rientrano neppure nei primi trenta posti delle graduatorie di qualità
internazionali e questo non può essere ritenuto accettabile da un Paese che si fa
scudo del famoso “made in Italy”. Eccellenza nella fantasia e nella creatività
innata da parte degli italiani, ma poca fantasia e praticità da parte di chi
gli italiani governa.
giovedì 16 maggio 2013
LA CRISI E IL PIL
Il Pil, dato dall’insieme di beni
e servizi prodotto da un Paese in un determinato periodo rappresenta lo stato
di salute di un territorio. Economisti qualificati sostengono che il lavoro non
sia in stretta correlazione con la variazione periodica dello stesso. Cioè,
dichiarano, al contrario, che se il PIL cresce aumenta la disoccupazione e
viceversa. Tale affermazione può essere opinabile, anche se esistono tratti di
verità. Negli anni ottanta l’Italia era in buona salute, ancora prima negli
anni settanta. Il benessere si tastava con mano, e la disoccupazione si
attestava su valori accettabili, ovvero tra il 6-7%. In tale periodo la forbice
disoccupazione-PIL non era ampia. Oggi assistiamo ad una costante decrescita
del PIL e ad un aumento costante della disoccupazione. Negli ultimi cinque anni
la disoccupazione è quasi raddoppiata, passando dal 7 al 12,5% (dati riferiti
al mese di marzo 2013). Gli ultimi dati ufficiali parlano di una decrescita del
PIL pari allo 0,5%, con una proiezione annua pari al 2,3% di PIL negativo
previsto per l’anno 2013. Valori nettamente contrastanti con le previsioni
degli economisti più accreditati. Da questo quadro si intuisce come l’Italia,
che non registra una crescita da 7 mesi consecutivi, sia sull’orlo del baratro.
I consumi si sono ridotti drasticamente, così come le esportazioni che, solo
negli ultimi mesi, registrano un minimo di ripresa. L’uso del petrolio è
diminuito drasticamente, così come il comparto delle telecomunicazioni che
registra una flessione significativa soprattutto nella vendita dei cellulari.
Le proiezioni sul 2014, periodo in cui si prevede una ripresa, a seguito degli
ultimi dati si mettono, quindi, in discussione. La flessione sul PIL si
registra anche in Germania (quinto Paese al mondo per volume di PIL), la quale
segna il passo con una crescita, nel primo trimestre 2013, pari soltanto allo
0,1%. Ciò comporta, da parte delle Merkel, una rivisitazione delle strategie di
politica economica internazionale. La politica del rigore non paga più. La
Germania, vive anche di esportazioni e non credo sia suo interesse non trovare più
Paesi che acquistino i prodotti tedeschi. L’effetto sarebbe devastante. La
produzione industriale calerebbe drasticamente, oppure l’invenduto
costringerebbe le industrie a tagliare sul personale. A mio avviso, quindi, per
ridare slancio alle economie europee, occorrerebbe non scendere a patti con l’apparato
finanziario, che detta le linee guida, bensì sarebbe necessario creare un nuovo
fabbisogno guardando all’economia reale. Per quanto concerne il lavoro, esso
andrebbe localizzato ed isolato dal potere centrale. Esso dovrebbe essere di
pertinenza esclusiva dei singoli comuni.
mercoledì 15 maggio 2013
PROPOSTA DI OCCUPAZIONE (LINEE GUIDA)
La disoccupazione a Messina (e non solo) è arrivata oramai a
livelli esasperati. La proposta di un reddito di cittadinanza potrebbe, in
parte, alleviare il presente di molti giovani che non trovano alternativa
alcuna allo status di cui sono vittima. Una proposta che potrebbe ridare nuova
linfa, quella di coinvolgere i ragazzi nell’assolvimento di un determinato
compito da predeterminare a propria
scelta sulla scorta di indicazioni che il Comune stesso si incaricherebbe di
proporre. Per esempio: l’assolvimento di compiti di protezione civile, la
pulizia delle spiagge, la pulizia dei binari del tram e zone attigue; oppure la
cancellazione di murales che storpiano palazzi storici, o lo sfoltimento
dell’erba cresciuta in eccesso (quindi compiti di giardinaggio). Da premettere
che il tipo di servizio, quanto le zone di pertinenza non andrebbero in
“conflitto” con i compiti di ordinaria amministrazione, e quindi, non
intaccherebbero il lavoro dei dipendenti pubblici addetti a tali operazioni. Si
tratta quindi di compiti supplementari di natura straordinaria. Dal punto di
vista pratico come funzionerebbe? Il Comune farebbe riferimento alle liste
aggiornate provenienti dall’Ufficio Provinciale del Lavoro e della Massima
Occupazione. Detto ufficio provvederebbe ad organizzare degli incontri durante
i quali distribuirebbe appositi moduli ai disoccupati che andrebbero a
selezionare le opzioni per cui si rendono disponibili a lavorare (tra quelle
precedentemente indicate ad esempio). I disoccupati andrebbero a scegliere ora
e durata del servizio che si impegnano a prestare. Alla fine del mese verrebbe
redatta una sorta di classifica a punti basata sul numero di ore effettivamente
svolte attribuendo un punteggio di merito; ciò affinché si possa dare una
ricompensa in denaro da distribuire in modo inversamente proporzionale, ovvero
maggiore punteggio, maggiore compenso. Nessuno comunque verrebbe estromesso. Un
sistema totalmente meritocratico basato anche sulla difficoltà del lavoro
svolto che costituirebbe un’ulteriore parametro per l’attribuzione del
punteggio finale realizzato. Tale somma andrebbe comunque sommata al reddito di
cittadinanza, costituendo uno stipendio vero e proprio. Il Comune, per esempio,
potrebbe dirottare delle somme racimolate mediante accordi con privati
(direttamente interessati dai lavori dei disoccupati). Naturalmente verrebbero
costituiti controlli a campione, periodici, imprevisti ed imprevedibili, anche
per scoraggiare tutti coloro i quali vorrebbero fare i furbetti. E’ chiaro che la
proposta va corredata e dettagliata, ma ritengo che molti prenderebbero con
entusiasmo una proposta del genere. Si sentirebbero utili alla società, a se
stessi e alla famiglia, ma soprattutto si toglierebbero dallo stato di
disoccupazione e/o inoccupazione.
martedì 14 maggio 2013
ITALIA FONDATA...
Questo blog nasce dall'esigenza di rappresentare le numerose ferite di coloro i quali hanno assistito impotenti (del resto non avevano alternative) alla perdita del posto di lavoro. La società attuale si dichiara inorridita, sgomenta, terrorizzata, alterata davanti ai numerosi gesti di suicidio. Da premettere che non concordo con coloro i quali compiono l'ultimo gesto togliendosi la vita. Sono dell'avviso che occorra lottare per avere il rispetto di un diritto sancito dall'art. 1 della Costituzione. Articolo talmente noto ed "obsoleto" che sembra quasi non esistere più. In effetti poco, molto poco, anzi direi nulla è stato fatto per la tutela di un "rapporto" dignità-essere umano. E allora tutto ciò avviene nel rispetto della Costituzione? Assolutamente no. La tanto amata e decantata "Legge Prima" viene vituperata sin dalle sue fondamenta. L'impalcatura scricchiola, perché lavorare oramai è diventato un lusso; figuriamoci svolgere un'attività lavorativa di proprio gradimento. Politici che hanno anche il "coraggio" di assistere ai funerali di chi ha cancellato la propria sofferenza in nome del lavoro, di chi ha urlato in silenzio per il rispetto della propria dignità. Ebbene questi politici blaterano utilizzando termini astratti; faremo, vedremo, stiamo pensando. E mentre loro pensano, in media una persona al giorno dice addio al mondo; lo fa in punta di piedi delusa dal sistema di cose. Una persona realmente dispiaciuta e in una posizione privilegiata, ma soprattutto di potere davanti ad una strage continuata senza fine agirebbe gridando: "adesso basta!" Un basta che sia però formalizzato dai fatti e non dalle chiacchiere da bar. Provvedimenti seri! Questo chiedono gli oltre tre milioni di disoccupati. Tra loro anche gli inoccupati, persone cioè che il lavoro non l'hanno mai visto, neppure al binocolo. Ma vado oltre. La soluzione ai mali? Finanziamenti, investimenti, organizzazione delle risorse, riorganizzazione di quelle esistenti. Lo Stato è in dovere di dare una risposta concreta, di dare lavoro, di creare il bisogno di forza lavoro, prima che l'articolo n. 1 della Costituzione si trasformi nel seguente: "L'Italia è una Repubblica fondata sul non lavoro e sulla disoccupazione cronica".
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