giovedì 10 maggio 2012

SUICIDIO? NO GRAZIE

NO NON REGGO PIU' IL PESO DELLA VERGOGNA
MA NON VOGLIO SENTIRMI UNA CAROGNA.
NO NO NON VOGLIO DIRE ADDIO ALLA VITA
AL COSTO DI MANGIARE FORMAGGIO GIU' IN CANTINA.
NO IO NON MI SENTO IN CONDIZIONE
DI COSTRUIRMI UNA POSIZIONE.
NO MI SENTO COSI' ABBATTUTO
CHE MI METTEREI DENTRO UN IMBUTO.
LI DENTRO A SOFFOCARE 
SENZA PIU RESPIRARE.
VORREI FARLA FINITA
E' LA PAURA DELLA VITA.
MA ALLA FINE MI CHIEDO?
HO FATTO TUTTO QUANTO NEL MIO CREDO?
OPPURE NEL FUTURO IN FONDO IO CI SPERO?
QUESTO NON LO SO.
STO PER FARLA FINITA CON L'ESISTENZA
MA UNA VOCE MI SUONAVA IN COSCIENZA:
"TU CE LA PUOI FARE.
NON DEVI MOLLARE".
PROVACI PROVACI CON CAPARBIETA'
SENZA ANDARE A CHIEDERE PIETA'.
ALLORA HO COMINCIATO A VEDERE LE COSE
DAL VERSO GIUSTO LOTTANDO CON ME STESSO
SENZA DISGUSTO.
SI IO SONO FORTE
ANCHE SE CON IL MONDO L'HO A MORTE.
TANTA FATICA MA RIEMERGERO' 
E NEL MONDO PIU' TOSTO E FIERO TORNERO'.

POESIA DELLA SPERANZA E DELLA LOTTA
DEDICATA ALLE VITE SPENTE DALLA CRISI

martedì 1 maggio 2012

Primo maggio: ribattezzata da festa dei lavoratori a festa degli inoccupati


E venne il primo maggio: “festa dei lavoratori”. Di certo la festa più ipocrita che si possa festeggiare in un momento di crisi profonda del lavoro. In questa occasione un concetto va puntualizzato. Ricordando che la nostra dovrebbe essere una Repubblica fondata sul lavoro, secondo i dettami dell’art. 1 della Costituzione, e che detto articolo andrebbe attuato, non si può fare finta di niente. Analizzando lo status attuale dei potenziali lavoratori si entra in una contraddizione senza eguali. Mi chiedo, infatti, che valore abbia un articolo privo di fondamenta. Mi chiedo che valore abbia una Costituzione, in lunga parte non attuata. Chi protegge il lavoro di chi? Chi lo tutela? I sindacati che non assumono neppure all’interno delle proprie strutture? (seconda contraddizione). L’Italia è il paese dei paradossi.
L’antitesi lavoratore – disoccupati non è del tutto corretta, poiché buona parte degli italiani non ha mai lavorato. Allora sarebbe più corretto fare la contrapposizione tra lavoratori e inoccupati, cioè persone che non hanno mai avuto il piacere di vedere il proprio nome scritto su di un libro paga. Poiché il concetto di disoccupato appartiene a colui il quale ha lavorato in precedenza mi sembra giusto evidenziare lo stato più grave di chi non ha mai avuto un contratto di lavoro.
E quanti sono coloro i quali non hanno mai lavorato? Tanti. Mi riferisco a uomini e donne. Queste ultime patiscono senz’altro un maggiore stato di disagio. La rassegnazione ha preso in loro il sopravvento. Una condizione psichica grave che coincide con una stagnante rinuncia alla ricerca affannosa di lavoro. Un vero e proprio disarmo mentale per il raggiungimento di un obiettivo minimo di dignità. L’equazione lavoro uguale dignità mi sembra corretta. Un diritto-dovere che sta alla base della società civile.
E chi dovrebbe provvedere alla tutela di questo diritto-dovere? Semplice, la politica. Ma cosa fanno i nostri tutori della Costituzione? Un bel niente! Non hanno ancora capito che il lavoro muove i consumi e, quindi, lavoro porta lavoro. Ma spiegatelo a questi signori.
I fatti parlano chiaro. Io non mi soffermerò sulle percentuali legate allo stato degli inoccupati, bensì alle conseguenze della mancanza di lavoro. Numerosi suicidi vengono compiuti da: inoccupati, disoccupati, ex imprenditori. A questi aggiungerei anche potenziali omicidi. Si, perché nel momento in cui una famiglia viene privata del minimo per sopravvivere subentra una sorta di protezione, da parte del capofamiglia, nei confronti degli altri componenti. Per evitare che questi patiscano ulteriori umiliazioni dettate dalla fame, vengono soppresse. Un gesto per molti inconcepibile, per altri necessario. Una sorta di eutanasia scaturente non da uno stato di salute grave, bensì da una condizione psichica assurda si instaura nella mente di molti.
Allora buon primo maggio ai fortunati lavoratori e buon primo maggio a tutti coloro i quali sognano di poterlo festeggiare. Forse un giorno, chissà.


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