venerdì 31 maggio 2013

IL CASO ILVA DI TARANTO


La più grande industria siderurgia europea si trova davanti all’interrogativo più difficile della storia: lavorare o tutelare la salute di migliaia e migliaia di persone? Una contraddizione che troverà difficilmente una risposta attuabile in termini pratici. Esistono due correnti di pensiero. La prima spinge per salvaguardare il presente ed il futuro di circa 40 mila addetti, l’altra per impedire che altre persone vengano afflitte da tumori. Probabilmente ambedue le correnti hanno ragione nel sostenere la rispettiva causa. Il problema, però sta a monte. Se chi di dovere avesse provveduto a tutelare la zona circostante, e quindi, avesse preservato l’ambiente (ivi inclusi gli abitanti) per tempo tutto questo non sarebbe accaduto. La mia non è affatto un’accusa, bensì una constatazione su come siano andati i fatti. Le interpretazioni si prestano al gioco di pochi. I fatti sono davanti agli occhi di tutti e quindi, in questo caso, purtroppo, la cronaca prende piede. Neoplasie che si moltiplicano giorno dopo giorno; falde acquifere contaminate, terreni che subiscono alterazioni e quant’altro. Allora come venirne fuori? Il governo sa bene che non può gettare sul lastrico migliaia di lavoratori e rispettive famiglie. C’è chi dibatte sulla chiusura immediata dell’industria tarantina, chi invece sostiene il suo parziale utilizzo, chi invece la vorrebbe a pieno regime. A mio avviso, ma è una personalissima opinione, occorrerebbe bonificare dapprima l’area interessata per poi predisporre una serie di misure atte a ridurre al minimo l’inquinamento portandolo a livelli di guardia accettabili. Se l’attività industriale, ridotta a regime minimo, rispettasse determinati parametri “salva ambiente” credo si potrebbe continuare a rispettare le commesse; in caso contrario la si dovrebbe tenere in stand bye. Anche perché i primi a chiedere un minimo di salvaguardia sono proprio i lavoratori che hanno tutto l’interesse affinché i propri figli possano crescere in un luogo sano, non malsano e pericoloso per la propria salute. Nel contempo hanno, però la necessità di portare fieno in cascina, e quindi, denaro senza il quale nessuno potrebbe sopravvivere.  La questione è quindi, senza dubbio, estremamente intricata. L’augurio mio e credo, di tutti gli italiani, è quello di raggiungere entrambi gli obiettivi (lavoro e salute) per i quali spingono ambientalisti, medici e lavoratori stessi, affinché la città di Taranto possa tornare a crescere nel migliore dei modi, quale moderna città industriale che guarda anche agli interessi sanitari di tutti i cittadini. 
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