I provvedimenti a favore dei
giovani disoccupati contengono determinate caratteristiche “discriminanti”. Sei
diplomato? Non puoi usufruire dei vantaggi. Sei laureato? Ancora peggio. Hai a
carico persone? Bene. Non hai a carico nessuno? Nulla ti viene concesso. Ma la
discriminante maggiore, a mio avviso, riguarda l’aver tagliato fuori tutti
coloro che hanno dai trent’anni in su. Forse non si ha alcun diritto superati i
fatidici trenta o trentadue anni? Una discriminante che si estende anche a
tutti coloro i quali sentono il bisogno di fare impresa, (vedi il famoso
Prestito d’onore che tra l'altro non potrà più destinare fondi dall'anno in corso per la numerosa mole di domande) o a tutti coloro i quali intendono lavorare come liberi
professionisti. Hai delle buone idee ma meno di trentadue anni? Lo Stato ti
aiuta. Ne hai trentatré, quaranta o cinquanta, ma anche sessanta? Non va bene e
puoi anche schiattare. In parole povere non contano le idee, solo e soltanto l’età.
Vieni letteralmente ghettizzato; “l’apartheid” tra generazioni. In realtà non
si hanno pari diritti e pari doveri. A mio modesto avviso chiunque abbia: idee,
entusiasmo, combattività e determinazione, ma soprattutto tanta tanta voglia di
fare ha diritto ad avere delle agevolazioni al pari di altri. La
discriminazione riferita all’età riguarda quanto i disoccupati, quanto gli
aspiranti all’imprenditorialità. La bozza sul decreto “lavoro” (scritta
letteralmente con i piedi), è piena di sali e scendi da un comma all’altro.
Tutto scritto ad arte per confondere le idee ai lettori. Questo però è un
aspetto minore. Le cose che spaventano sono i contenuti. Ragionamenti assurdi
che non trovano attuazione nella realtà. Una rete di condizioni che trova
difficile riscontro nella vita quotidiana di chi cerca lavoro. Perché non
lasciare a tutti i disoccupati la possibilità di trovare lavoro,
indipendentemente dall’età? Il frutto dei ragionamenti politici è poi la
risultante esodati. Questi ultimi subiscono le direttive pubbliche trovandosi
poi a metà dell’ingranaggio che, naturalmente, si inceppa. Se applichi una o
più discriminanti senza riflettere bene su cosa vai a legiferare succede
questo. Una questione è dare la precedenza ad una categoria di disoccupati, un’altra
quella di estromettere completamente dai giochi chi non rispetta i requisiti
legati all’anagrafe e ad altre caratteristiche particolarmente meritorie.
Questa si chiama “apartheid”.