sabato 29 giugno 2013

FIGLI DI UN DIO MINORE


I provvedimenti a favore dei giovani disoccupati contengono determinate caratteristiche “discriminanti”. Sei diplomato? Non puoi usufruire dei vantaggi. Sei laureato? Ancora peggio. Hai a carico persone? Bene. Non hai a carico nessuno? Nulla ti viene concesso. Ma la discriminante maggiore, a mio avviso, riguarda l’aver tagliato fuori tutti coloro che hanno dai trent’anni in su. Forse non si ha alcun diritto superati i fatidici trenta o trentadue anni? Una discriminante che si estende anche a tutti coloro i quali sentono il bisogno di fare impresa, (vedi il famoso Prestito d’onore che tra l'altro non potrà più destinare fondi dall'anno in corso per la numerosa mole di domande) o a tutti coloro i quali intendono lavorare come liberi professionisti. Hai delle buone idee ma meno di trentadue anni? Lo Stato ti aiuta. Ne hai trentatré, quaranta o cinquanta, ma anche sessanta? Non va bene e puoi anche schiattare. In parole povere non contano le idee, solo e soltanto l’età. Vieni letteralmente ghettizzato; “l’apartheid” tra generazioni. In realtà non si hanno pari diritti e pari doveri. A mio modesto avviso chiunque abbia: idee, entusiasmo, combattività e determinazione, ma soprattutto tanta tanta voglia di fare ha diritto ad avere delle agevolazioni al pari di altri. La discriminazione riferita all’età riguarda quanto i disoccupati, quanto gli aspiranti all’imprenditorialità. La bozza sul decreto “lavoro” (scritta letteralmente con i piedi), è piena di sali e scendi da un comma all’altro. Tutto scritto ad arte per confondere le idee ai lettori. Questo però è un aspetto minore. Le cose che spaventano sono i contenuti. Ragionamenti assurdi che non trovano attuazione nella realtà. Una rete di condizioni che trova difficile riscontro nella vita quotidiana di chi cerca lavoro. Perché non lasciare a tutti i disoccupati la possibilità di trovare lavoro, indipendentemente dall’età? Il frutto dei ragionamenti politici è poi la risultante esodati. Questi ultimi subiscono le direttive pubbliche trovandosi poi a metà dell’ingranaggio che, naturalmente, si inceppa. Se applichi una o più discriminanti senza riflettere bene su cosa vai a legiferare succede questo. Una questione è dare la precedenza ad una categoria di disoccupati, un’altra quella di estromettere completamente dai giochi chi non rispetta i requisiti legati all’anagrafe e ad altre caratteristiche particolarmente meritorie. Questa si chiama “apartheid”.
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