La scuola dovrebbe rappresentare
il trampolino di lancio per il lavoro; lo strumento mediante il quale mettere
in pratica le proprie conoscenze. Proprio oggi riflettevo su come uno Stato
riesca a tagliare finanziamenti ad un apparato fondamentale per la crescita,
non solo culturale (e quindi astratta), ma pratica (il lavoro). Ci sono tre
fondamentali finalità per cui studiare e sono, a mio avviso le seguenti:
cultura personale, società, lavoro. Arricchire il proprio bagaglio culturale è
importante, così come è importante stare in mezzo ad una società che
quotidianamente scambia idee e pensieri. Ebbene l’istruzione serve, proprio a
materializzare i propri pensieri distribuendoli alla grande massa, così da
scambiare reciproche informazioni con le persone al fine di nutrire il proprio
sapere. Quindi, le prime due finalità sono strettamente correlate, per cui
indispensabili. Sono nel contempo flessibili e, quindi, modificabili a proprio
piacimento a differenza del lavoro. Si, perché la scuola serve anche a fornire
l’alunno di tutte quelle informazioni che servono per sviluppare al meglio la
futura attività. Invece si assiste ad una scuola che fornisce nozioni teoriche
e poco pratiche. Indirizzi scolastici rigidi che oramai risultano desueti, e
quindi obsoleti o ancora meglio inutili. A cosa serve studiare un indirizzo che
concretamente non viene richiesto nell’ambito lavorativo? A cosa serve avere
migliaia di avvocati che rimangono inoccupati? E allora? Esiste una risposta. L’idea
potrebbe essere quella che preveda l’accesso alla scuola media secondaria ponendo
l’alunno davanti ad una scelta che venga indirizzata dal fabbisogno, mediante
proiezioni a 5 anni, di quel momento in Italia ed in Europa. Per fare un
esempio. In un dato momento si prevede la necessità di ragionieri pari a X,
così come di geometri pari a Y e via via dicendo. Questo permetterebbe di
tracciare un obiettivo lavoro che possa avere un minimo di possibilità future.
Risulta chiaro che si tratta di un’operazione complicata e non infallibile, ma
potrebbe dare un’idea di praticità all’alunno. Basterebbe indirizzare degli
esperti verso questa tipologia di studi. La struttura scolastica attuale è
davvero pessima. Poca pratica, farcita da tanta teoria, non serve a formare un
bravo dipendente oppure un bravo operaio. Occorre riformare seriamente la
scuola adeguandola agli standard europei di eccellenza. Le Università italiane
non rientrano neppure nei primi trenta posti delle graduatorie di qualità
internazionali e questo non può essere ritenuto accettabile da un Paese che si fa
scudo del famoso “made in Italy”. Eccellenza nella fantasia e nella creatività
innata da parte degli italiani, ma poca fantasia e praticità da parte di chi
gli italiani governa.