mercoledì 22 marzo 2017

DIS-COLL diventa strutturale


La Dis-coll diventa strutturale e viene estesa anche ad assegnisti e dottorandi di ricerca. Grande soddisfazione viene espressa dal Ministro Poletti che ringrazia pubblicamente la Commissione Lavoro della Camera. E' stato infatti approvato uno specifico emendamento al testo  del disegno di legge delega sul lavoro autonomo,  giunto quasi al termine di un lunghissimo iter parlamentare .
L'indennità Dis-coll è stata infatti recentemente prorogata dal decreto legge Milleproroghe, ma solo  fino a giugno 2017 e si presume che  la nuova legge di riordino del lavoro autonomo possa entrare in vigore prima di quella data per garantirne la continuità .
Una piccola battaglia vinta. Finalmente il riconoscimento di un diritto per i tanti giovani che sono impegnati nella ricerca nelle università italiane, che si salda su un principio: la ricerca è lavoro. Un primo passo in questa direzione, era stato già compiuto con il decreto Milleproroghe che, nel mese di febbraio, aveva prorogato l’applicazione dell’indennità (istituita in forma sperimentale nel 2015 e poi estesa anche al 2016) fino a giugno di quest’anno. Alle proteste che si erano levate, i parlamentari Pd avevano assicurato che c’era l’impegno del Governo a rendere strutturale la misura di sostegno ai collaboratori che dovessero perdere il lavoro e ad estenderla alle figure “atipiche” della ricerca. Ora quell'impegno è stato mantenuto: dal 1° luglio 2017 non solo la Dis-coll diventa misura strutturale (non dovrà più essere prevista e prorogata da specifiche norme), ma si estende nella sua applicazione anche ai collaboratori che lavorano nel campo della ricerca nei nostri atenei, ovvero assegnisti e dottorandi di ricerca. Un tentativo in questo senso era già stato fatto durante la discussione delle leggi di bilancio per il 2016 e per 2017, purtroppo senza esito positivo: ma la tenacia che nasce dalle buone ragioni ci ha spinto a non abbandonare l’impegno. E la tenacia, sostenuta dalle associazioni di assegnisti e dei dottori di ricerca, ha finalmente dato gli esiti attesi. Il relatore del provvedimento Cesare Damiano ha assicurato che la Legge sul lavoro autonomo approderà in Aula nei primi giorni della prossima settimana: poi dovrà tornare al Senato in seconda lettura, ma l’impegno è ormai stato preso.

Un ammortizzatore sociale richiesto a gran voce dai prestatori di attività lavorativa totalmente privi di tutela che ci auguriamo possa completare l’iter parlamentare in modo positivo e che possa trovare la necessaria copertura finanziaria al fine di estendersi a più soggetti possibili.

lunedì 20 marzo 2017

VENDITA


E’ facile costruire società impiantate esclusivamente su reddito da provvigione. Chiunque può farlo, chiunque. E tutto il tempo che il lavoratore impiega nel cercare di ricavare qualcosa di buono? Quello che lo ripaga? Mi spiace dirlo ma l’Italia è lontana anni luce da un concetto molto semplice. Chiunque lavora ha diritto ad avere un compenso, anche minimo, per il tempo che egli impiega. Eppure oggi in Italia tutte le offerte di lavoro vertono esclusivamente sulla vendita. Pochissime aziende assumono per coprire posti relativi all'amministrativo o per l’espletamento di servizi destinati alla collettività.
Ciò vuol dire che l’impoverimento dell’Italia è tale che oramai il sistema è collassato su se stesso.
Non fa altro che ingurgitare i rimasugli per poi espellerli e ingurgitarli nuovamente; il cane che si morde la coda.
Appioppare gestori, i più disparati, alle persone per un continuo ricambio al fine di acquisire clienti. Poi non importa se il servizio è buono, caro o conveniente.
A questo punto siamo arrivati. Non importa che la vecchietta paghi già poco, pur di strapparle un contratto oramai ci si vende al diavolo.
“Pagamento a provvigione”, “pagamento a contratto concluso”, ecc… E poi chi controlla la veridicità di quanto sostenuto dall'azienda? E se poi ci fossero oscuri movimenti “sotterranei”? Cavilli inesistenti? Per cui, non solo vieni pagato poco e male, devi anche avere estrema fiducia nell'azienda che ti ha assunto senza avere (spesso) possibilità di replica. La tua parola contro la sua.
Questo sistema, amici miei non funziona. Tutto questo non è lavoro. Questa è schiavitù moderna. Si è legati mani e piedi all'interno di una “stanza” che poi è un meccanismo perverso. Il lavoratore non ha più dignità. E mentre i sindacati blaterano facendo i loro esclusivi interessi, ci sono persone che si sbattono la testa per come poter sopravvivere, per cercare di inventare se stessi creando qualcosa di innovativo di inedito.
La verità è che siamo nelle mani di nessuno. La verità è che l’Italia non ama i propri figli. La verità è che la burocrazia stritola, che si creano aziende “fantasma” poggiate su pilastri fragilissimi. La verità è che esiste una legislazione sul lavoro campata in aria.
E la risultante di tutto questo è un disarmante mondo del lavoro fatto di meccanismi poco chiari a danno del prestatore d’opera. Vendita aggressiva, vendita disonesta, per accaparrarsi una nuova unità, un nuovo cliente da spolpare. Andate a leggere gli annunci di lavoro e le figure richieste. Andate a verificare quanto detto dal sottoscritto e vedrete che mi darete ragione.

E me ne sbatto se qualcuno parla di visione pessimistica! La realtà va guardata in faccia altrimenti se il problema viene eluso non si arriverà mai a capo.

SALVATORE CASTORINA

giovedì 23 febbraio 2017

TUTTO IN ROVINA

La gente è stanca; la società è stanca. Tutto allo scatafascio: lavoro e famiglia. E se lavoro e famiglia vanno male anche la salute ne verrà compromessa. Il popolo è stanco di inutili promesse. Ma le stesse persone che si lamentano demandano le proprie responsabilità agli altri. Come se rimanere inermi e passivi potesse portare dei risultati. E allora si assiste ad una società triste, in cui la spensieratezza non si conosce più. Anche i giovani hanno il viso tirato, quando studiano e non trovano lavoro. E da qui la depressione che poi porta a commettere dei gesti insani quanto inutili. La tristezza impera. La disoccupazione dilaga.  
Così si tende a fuggire verso luoghi in cui la sofferenza viene mascherata da un posto sicuro di lavoro. “La mancanza del domani è la certezza dell’oggi”. Un detto che mi vien da pensare e che diviene estremamente attuale.
Gli istituti bancari, ivi compresi quelli tradizionali e di “famiglia”, non fanno altro che strozzare i cittadini. La moneta elettronica. Tutto è moneta virtuale. Intanto, i costi bancari e postali lievitano con la certezza che, un domani, i risparmi dei molti italiani potrebbero correre un rischio concreto.
Gli altri paesi, intanto, subiscono lo stesso “virus” italiano. Inutile spostarsi a 40 anni per cercare qualcosa con cui vivere. Eppure qualcuno lo fa, molti no. Ciò avviene per paura, per rassegnazione.
L’italiano è oramai il personaggio di un dipinto che non conosce identità. Una figura sbiadita che cerca di dimenarsi alla meno peggio.
Davanti ad un paesaggio interiore di tipo “spettrale” è in effetti difficile portare avanti quell'ottimismo tanto decantato da maestri spirituali e da pseudo santoni. Rimboccarsi le maniche. Forse è questo l’unico modo per trovare ottimismo nelle persone. Probabilmente, un pizzico d’amore servirebbe quale ingrediente indispensabile per trovare la soluzione ai propri problemi (non solo lavorativi) ma esistenziali.
Ovunque è sconforto e desolazione. Davanti ad un paesaggio da guerriglia urbana all'orizzonte venti di guerra che spirano gelidi e minacciosi, si avvicinano sempre più alla realtà di oggi.
Il futuro è quindi un’incognita. Diventa impossibile programmare il proprio domani. “La vita è come una banconota che si tramuta in spiccioli, in attesa che qualcuno possa prendere la mancia”. E prima che detta banconota possa subire una “metamorfosi” chissà tra quante mani passerà e chissà per quanto tempo ancora.
La rovina parte prima dalla mente per poi passare al corpo ed infine ai fatti.

Per fortuna che tutto è controvertibile fino a prova contraria.

SALVATORE CASTORINA 

lunedì 20 febbraio 2017

EVOLUZIONE DEL LAVORO


Siamo nell'era dell’incertezza. Non è mai stato un periodo così difficile tanto da prevedere un futuro incerto in ambito lavorativo, per cui occorre prepararsi di conseguenza. Così come i progressi tecnologici, l’invecchiamento della manodopera e la crescita dell’economia globale creano nuovi posti di lavoro, altrettanto velocemente “grazie” alla modernizzazione ne scompaiono altri.
Le classiche trafile di carriera sono sulla via del tramonto dicono gli esperti, con posti di lavoro certi rimpiazzati da posti di lavoro incerti, soprattutto in ambito giovanile.
Questo è il concetto di nuova economia che sta guadagnando terreno. Nella sua scia è arrivata una cultura di visione a breve periodo, con un approccio on-demand per il lavoro che si sta diffondendo a macchia d’olio attraverso professioni ed occupazioni che occupano personale di tipo part-time o freelance.
Ma questi cambiamenti di tipo tecnologico e culturale rappresentano nuove opportunità. Nuovi ed inaspettati posti di lavoro sono stati creati in altri settori quali: l’ambito sociale, l’analisi di flussi, ecc...
Quando si parla di competenze relative all’insegnamento, alla matematica e all’informatica, esse spopolano creando grande sviluppo di lavoro concentrato soprattutto in settori quali l’ingegneria, la programmazione e la finanza, come dimostrano i dati sull’economia globale pubblicati nel 2016.
Con il passare degli anni diventa sempre più fondamentale il possesso di determinate competenze.
Esistono quelle apprese nel posto di lavoro, e quelle cumulate nel corso degli anni in altri lavori o nel bagaglio culturale maturato con gli studi.
C’è da aggiungere che altre competenze possono essere sommate a quelle attuali, arricchendo il carnet di conoscenza, e quindi, la possibilità di accesso al mondo del lavoro.
Questo è un aspetto importante in quanto molte agenzie di lavoro interinale guardano ai titoli, alle competenze acquisite, per cui in tanti intendono spendere tempo e denaro per la propria preparazione personale.
Figure molto ricercate rimangono quelle legate all’informatica e alla contabilità che richiedono continui aggiornamenti essendo rispettivamente legate al progresso e alle nuove normative.
Uno studio condotto da David Deming dell’Università di Harvard fa emergere un concetto molto importante legato ad un futuro che non si conosce e che si può padroneggiare soltanto con una capacità duttile della persona a cambiare pelle.
Una sorta di metamorfosi legata agli eventi con un grande fiuto e senso di adattabilità.
Secondo lo studio di Harvard, i posti di lavoro che sono cresciuti più costantemente nel corso dell’ultimo ventennio son quelli che combinano un forte know-how tecnico con una sola caratteristica potente; quella di essere gentili.
Le abilità sociali, o la capacità di “giocare bene” con gli altri, è di vitale importanza.
La simbiosi con gli altri consente di avere una serie innumerevoli di vantaggi legati all’ambiente in cui si lavora. 

SALVATORE CASTORINA

venerdì 17 febbraio 2017

IL TRADING


Tra le tante professioni che spopolano in rete ce n’è una che ottiene proseliti, il trader.
Lavorare in borsa è il sogno di molti. Stare comodamente seduti a casa aspettando di compiere l’operazione che possa cambiare la vita, spesso una chimera.
In effetti si tratta di una professione molto difficile, come tale comporta grande preparazione e sacrifici.
Non è per niente facile individuare la direzione dei mercati. Si fa spesso uso della statistica, dell’esperienza altrui, dei suggerimenti di grandi traders del passato e del presente, dei numerosi video che spopolano su internet. Sovente, purtroppo, si viene portati fuori strada, credendo che tutto sia facile, quando in realtà non lo è affatto.
Quella del trader è una professione che vede l’applicazione di nozioni che hanno a che fare con la macro economia, con la micro economia, con le oscillazioni degli umori inerenti gli investitori e, principalmente con l’analisi tecnica e l’analisi fondamentale; nonché con notizie che in pochi minuti possono sbaragliare i mercati provocando notevoli sbalzi di volatilità.
Quello della volatilità è un concetto molto importante e vede muoversi il prezzo entro un determinato lasso di tempo. Maggiore sarà il movimento entro un preciso periodo temporale, maggiore sarà la volatilità.
Comunque non entro nello specifico, in quanto esistono migliaia di volumi (cosiddetti mattoni) che parlano in modo viscerale di tutti quelli che sono i concetti essenziali per fare trading.
Riepilogando, quindi, il trader non è altri che uno speculatore dei mercati finanziari. Questi ultimi presentano diversi asset componendosi in variegati strumenti, quali: le azioni, le obbligazioni, i Futures, il Forex, le materie prime, ecc…
E’ possibile fare trading mediante degli intermediari, i cosiddetti brokers, che eseguono gli ordini direttamente e/o indirettamente sui mercati, mediante disposizioni date dagli stessi traders, i quali attraverso strategie, più o meno collaudate, riescono a trarre profitto. E' importante utilizzare dei buoni intermediari finanziari, possibilmente controllati da enti preposti. 
Occorre dire che le statistiche sono impietose in merito ai risultati ottenuti dal cosiddetto “parco buoi”, e cioè dai piccoli investitori. Circa il 90% dei traders registra una perdita del proprio capitale.
Se consideriamo che gli “attori” di mercato sono principalmente i seguenti, e cioè, Istituti Finanziari, Governi, Multinazionali, Market Maker, Hedge Fund, è facile comprendere come il giro d’affari sia pari a scambi per miliardi di dollari al giorno.
George Soros, noto investitore, ha realizzato una vera fortuna durante la sua carriera di trader. Ma ve ne sono altri altrettanto noti che hanno realizzato vere e proprie fortune, grazie, ad una grande preparazione e ad immensi sacrifici.
Il trading non è per tutti. Esso richiede grande disciplina e rispetto delle regole, altrimenti si viene letteralmente “espulsi” dai mercati rimanendo senza un soldo.

SALVATORE CASTORINA


giovedì 16 febbraio 2017

LA NUOVA "SOCIAL CARD 2017"


Con la Legge di Bilancio 2017 nasce il SIA, la nuova Social Card per il 2017. Essa consente di ottenere un bonus da 400 euro per le famiglie in difficoltà.  Il SIA, ovvero sostegno all'inclusione attiva, viene esteso all'intero territorio nazionale dopo un periodo di sperimentazione che ha visto coinvolte 12 città da Catania a Torino. Si tratta di una misura di contrasto alla povertà che prevede l’erogazione di un bonus (massimo) di 400€ per le famiglie in difficoltà economica in cui è presente almeno un minore o un figlio disabile. Il Sia viene concesso anche a quelle famiglie in cui è presente una donna con una gravidanza accertata; a tal proposito occorre ricordare che tra le prestazioni a servizio del reddito introdotte con la manovra finanziaria c’è anche il bonus da 800€ per le donne incinte.
La nuova Social Card, operativa dal 2 settembre 2016, spetta a tutti coloro che rispettano i requisiti indicati dall'INPS. Essa prevede un  sussidio di 80€ a persona destinato alle famiglie disagiate. Secondo le previsioni, ogni famiglia riceverà in media un contributo pari a 320€ al mese che verrà erogato con una carta prepagata, come la Social Card.
La SIA prevede due misure per il supporto delle famiglie in difficoltà:
  • erogazione di un sussidio economico, pari a 80€ per ogni componente della famiglia;
  • inclusione in un progetto personalizzato di attivazione sociale e lavorativa, che farà leva su una rete integrata di interventi individuati dai Comuni, servizi territoriali (centri per l’impiego, servizi sanitari, scuole) e terzo settore.
Questo progetto di inclusione verrà scelto insieme al nucleo familiare e coinvolgerà tutti i componenti. Le attività potranno consistere in: contatti con i servizi, ricerca attiva di lavoro, adesione ai progetti di formazione, frequenza e impegno scolastico e prevenzione della salute.
L’obiettivo di queste due misure è quello di aiutare le famiglie a superare il periodo di crisi, supportandole fino a quando non abbiano conquistato una loro autonomia.
Può richiedere la SIA una famiglia che si trovi in una situazione di difficoltà economica purché presenti una serie di requisiti, tra i quali: essere residenti in Italia da almeno 2 anni, avere nel nucleo familiare almeno un figlio minorenne o un figlio disabile, una donna in stato di gravidanza, un modello ISEE inferiore a 3000 euro, ecc…
La domanda per la SIA va fatta da uno dei componenti del nucleo familiare, tramite la presentazione del modulo apposito al Comune.
Dopo aver presentato la domanda, il Comune, entro 15 giorni, verificherà il reale possesso dei requisiti e poi invierà la documentazione all'INPS.

A sua volta l’INPS, dopo aver controllato il requisito relativo ai trattamenti economici, entro 10 giorni assegnerà un punteggio relativo alla valutazione del bisogno analizzando la situazione economica e lavorativa dei componenti del nucleo familiare, per poi decidere l’attuazione del provvedimento a sostegno.
SALVATORE CASTORINA

mercoledì 15 febbraio 2017

UNO SGUARDO... ALTROVE

Se siete stanchi di cercare inutilmente lavoro in Italia guardare all’estero è certamente un ottimo modo, non solo per guadagnare danaro, ma anche di avere una serie infinita di vantaggi: nuovi orizzonti, nuove competenze, una maggiore indipendenza, nuove amicizie e relazioni di affari; una nuova lingua che va ad arricchire il vostro bagaglio culturale. Vi divertirete così tanto da accettare e superare nuove sfide. Un’avventura che potrebbe portare grandi soddisfazioni.
La prima cosa da fare è compilare una sorta di ipotetico questionario, scegliendo il luogo dove prestare la propria opera lavorativa.
I paesi che offrono maggiori opportunità sono: l’Inghilterra, L’Azerbaijan ed il Giappone per esempio.
Oppure potreste scegliere un luogo che ricordi le vostre origini o che abbia una cultura simile alla vostra. Ci sono posti dalla natura selvaggia e mistica, oppure luoghi esotici. Insomma ce n’è per tutti i gusti.
Se, invece l’idea è quella di trasferirsi in un luogo completamente diverso potreste scegliere l’Australia oppure il Canada. In Europa il “classico” è rappresentato dalla Germania oppure dalla Francia.
La maggior parte dei paesi non richiederanno alcun visto per lavorare a breve termine, ma se aveste intenzione di lavorare per un periodo superiore a due mesi sarà necessario averlo. In ogni caso non è affatto una cattiva idea quella di dare un’occhiata sul posto per crearvi un’opinione che vi consenta di scegliere.
Fatto questo concentratevi su qualcosa a cui veramente siete interessati che si rivelerà pratico ed utile nella vostra vita. Lavorare all’estero non significa necessariamente allontanarsi per sempre, bensì per un periodo sperimentale.
Un modo per lavorare infallibile potrebbe essere quello di insegnare la lingua inglese. Molti posti di lavoro, infatti, richiedono di possedere la Certificazione TEFL, ma dopo un investimento iniziale avrete un certificato permanente e possibilità illimitate. Altri settori importanti ed affascinanti sono dati dall’Archeologia, la Chimica e la Medicina, per i quali c’è una buona richiesta. Per quanto riguarda il posto in cui dormire, potreste trovare ospitalità lavorando provvisoriamente presso ristoranti o alberghi che possano offrirvi anche un posto letto. Altra considerazione importante quella di scegliere un luogo dove il costo della vita sia possibilmente basso. Ci sono paesi dove, per esempio 1500 euro mensili sono sufficienti per una vita dignitosa e altri, come per esempio la Norvegia o l’Islanda dove non bastano affatto. Per cui, è indispensabile tenere presente anche questo importantissimo parametro in considerazione.

In Italia avviene la medesima cosa con extracomunitari i quali nel cambio con la valuta del proprio paese acquistano un valore aggiunto (plusvalenza).

SALVATORE CASTORINA

martedì 14 febbraio 2017

NUOVE POLITICHE DEL LAVORO

La disoccupazione è un “male” che colpisce molti paesi al mondo. Ma, a differenza dell’Italia altrove si sfruttano le idee, ma soprattutto si parte dalle problematiche stesse per poterle tramutare in fattori positivi. Una sorta di leva trainante che sviluppi l’intelletto umano al fine di poter realizzare la risoluzione di un problema, gravissimo per il nostro Paese. Altrove, nel mondo, hanno risolto in modo strutturale mediante l’impiego di nuovi investimenti per creare importanti opere che consentissero l’utilizzo di nuova manodopera da impiegare in modo continuo e costante. I provvedimenti tampone adottati in Italia poco servono se non a prendere per i fondelli i cittadini comunicando loro statistiche facilmente raggirabili. Il Jobs act dei famosi voucher rappresenta l’apice di una società che non pensa alla dignità dei propri cittadini lavoratori, bensì al loro sfruttamento e alla riduzione di dignità, oltre all’ampliamento della forbice relativa alla povertà.
Adottare nuove politiche che siano di qualità. Perché la qualità nel nostro paese viene sempre meno. E perché la qualità alla fine paga con la quantità stabile di assunzioni. Assumere tanto per non serve a nessuno. E’ come pagare l’affitto a saltare o a scaglioni. Impossibile. La rete consente di fare paragoni con gli altri paesi. Di rendersi conto di ciò che avviene altrove. Investigare in ambito lavorativo potrebbe essere anche una cosa positiva. Non occorre solo guardare alle statistiche. Si sono importanti, ma non sono certo la soluzione. E pensare che spesso si pagano centinaia di migliaia di euro l’anno per avere dei “cervelli” come consulenti che non riescono poi a cavare un ragno dal buco.
Una soluzione che sia tale deve necessariamente prevedere azione. Il movimento dell’intelletto. Lo sviluppo della fantasia.
Alla fine sono le cose ed i concetti semplici che pagano. Non occorre cercare la complessità, poiché essa presenterà sempre delle notevoli falle che difficilmente possono essere colmate se non con il buonsenso, ma soprattutto con l’amore verso il proprio popolo, verso la propria nazione. Anche i sindacati dovrebbero fare la propria parte. Inutile andare a sbandierare e fare propaganda. Portino sul tavolo delle idee e lottino per le stesse se davvero credono in ciò che fanno ed in ciò che pensano.

Questo il ruolo dei diversi soggetti che fanno parte della “catena del lavoro”. Un po’ come una catena di montaggio. Tutto deve girare alla perfezione. Accantoniamo, in ogni caso, il concetto dello “scaricabarile”. In una società tutti sono soggetti, tutti sono attori e tutti devono collaborare al fine comune.

SALVATORE CASTORINA

lunedì 13 febbraio 2017

AMMORTIZZATORI... ROTTI


Come da previsioni l’Inps comunica la mancata proroga della Dis-Coll, prestazione di disoccupazione istituita in via sperimentale dall’art. 15 del Decreto legislativo n. 22 del 2015 riservata a coloro che vengono assunti con contratti co.co.pro, a progetto, tipici per esempio dei call center, iscritti in via esclusiva alla gestione separata.
Il periodo interessato dalla copertura riguarda il 2015 con successiva proroga per il 2016 e la domanda va inoltrata esclusivamente in via telematica.
Naturalmente coloro che hanno perso il lavoro nel corso del 2016 possono presentare regolare domanda all’INPS nel corrente anno entro i termini previsti dal decreto, e cioè 68 giorni dalla data di cessazione del rapporto di collaborazione.
Ciò si verifica per un vuoto normativo che fa decadere in automatico la prestazione per tutti coloro i quali nel 2017 dovessero perdere il posto di lavoro in maniera “involontaria”.
La prestazione ha un tetto massimo di sei mesi, di cui gli ultimi tre con importo decrescente (3% in meno), e prevede una serie di adempimenti e, cioè, il rispetto del cosiddetto “patto di servizio” stipulato con il Centro per l’impiego presso il quale presentarsi con cadenza mensile al fine di dimostrare di stare cercando fattivamente un impiego che sia “congruo” e, cioè, dal reddito superiore di almeno il 20% rispetto a quello percepito con la disoccupazione.
La misura della prestazione è pari al 75% del reddito medio mensile ed in ogni caso non può superare la misura massima mensile di 1300 euro.
La decisione della mancata proroga del provvedimento nato con la Jobs Act, ha provocato naturalmente le reazioni dei maggiori sindacati dei lavoratori italiani,  i quali si adopereranno per il ripristino del suddetto “ammortizzatore sociale” spingendo il governo a creare un apposito decreto che possa intervenire in merito. Per quanto riguarda invece i lavoratori dipendenti esiste la NASPI, vigente anche per coloro i quali dovessero essere licenziati nel corso del 2017. Un vuoto legislativo, quello perpetrato ai danni dei precari che sottrae loro la possibilità di poter gestire una situazione di per se grave colmando il periodo di riavvicinamento al lavoro con un minimo di tranquillità relativa, in quanto trattasi comunque di un periodo molto limitato.
Si potrà forse ricorre al decreto “Milleproroghe” per sanare una situazione che riguarda mediamente 50.000 lavoratori precari?
Verrebbe da dire: “la solita Italia” che esclude i deboli. 

domenica 12 febbraio 2017

LA DISOCCUPAZIONE NEI PAESI EMERGENTI


Il tasso di disoccupazione per le economie in via di sviluppo è sceso dal 7,1 per cento nel 2014 al 6,7 per cento nel 2016. Nella maggior parte dei casi, tuttavia, questi miglioramenti non sono stati sufficienti ad eliminare il divario occupazionale emerso a seguito della crisi finanziaria globale.
Inoltre, le prospettive di occupazione sono state indebolite nei paesi emergenti, quali il Brasile, la Cina ed i paesi produttori di petrolio.
L’ambiente economico instabile associato a flussi di capitali volatili, i mercati finanziari disfunzionali e la carenza di domanda globale continuano a colpire le imprese e a scoraggiare gli investimenti nonché la creazione di nuovi posti di lavoro”. Ad affermarlo Raymond Torres, Direttore del Dipartimento di Ricerca ILO.
Inoltre, i responsabili politici hanno bisogno di concentrarsi maggiormente sul rafforzamento delle politiche per l’occupazione e la lotta contro le disuguaglianze eccessive. Ci sono molte prove che il mercato del lavoro ben progettato e le politiche sociali sono indispensabili per favorire la crescita economica e la crisi di posti di lavoro, e dopo quasi dieci anni dall'inizio della crisi globale, è urgente un rafforzamento di tale appoggio politico”, conclude Torres.
Gli autori della Weso documentano anche il fatto che la qualità del lavoro resta una sfida importante. Mentre vi è stata una diminuzione dei tassi di povertà, il tasso di declino del numero di lavoratori poveri in economie di sviluppo ha rallentato e l’occupazione vulnerabile rappresenta ancora oggi oltre il 46 per cento dell’occupazione totale a livello globale, che colpisce quasi 1,5 miliardi di persone.
Essa è particolarmente elevata nei paesi emergenti ed in quelli in via di sviluppo, colpendo tra la metà e i tre quarti della popolazione occupata in questi paesi, rispettivamente , con picchi in Asia meridionale del 74% e l’Africa sub sahariana con il 70%.
Nel frattempo, il rapporto mostra che l’occupazione informale, supera il 50% tra i paesi in via di sviluppo e quelli emergenti. In un terzo di questi paesi colpisce oltre il 65% dei lavoratori.
La mancanza di posti di lavoro dignitosi porta le persone a rivolgersi al lavoro di tipo interinale, che in genere è caratterizzato da una bassa produttività, salari bassi e nessuna protezione sociale. Tutto ciò deve cambiare. Occorre una risposta urgente pronta a sfidare con forza la necessità di posti di lavoro. Un’agenda per lo sviluppo che sia sostenibile può rappresentare la chiave di successo per le Nazioni Unite”, conclude il Direttore Generale dell’ILO Guy Ryder.


sabato 11 febbraio 2017

LAVORO: MANCA LA VOLONTA' POLITICA



Il lavoro in Italia presenta dei dati disarmanti. Inoccupazione giovanile a livelli record. Sono oramai noti i dati che caratterizzano la disoccupazione nel nostro paese. Guardando altrove, fuori dai nostri confini, ahimè si riscontrano le medesime difficoltà anche in paesi quali l’Australia, che ha circa il 22% di giovani disoccupati. Il continente australiano è all'avanguardia in tema di lavoro e di occupazione, ma nonostante tutto anche nel paese dei canguri si riscontrano simili problematiche.
Ebbene, ci sono tante idee a costo zero che potrebbero essere attuate con un minimo di buonsenso e di volontà politica. In questo stesso blog ho lanciato l’idea di “OCCUPOLIS” che, a mio avviso, tapperebbe diverse falle dal punto di vista non solo occupazionale, ma relativamente anche ai tributi locali che subirebbero un calo importante per intere famiglie italiane.
Ho intenzione di proporre tale idea ai partiti politici, che chissà, magari potrebbero attuarla con degli aggiustamenti che è opportuno effettuare, in quanto non sono un esperto legislatore e, quindi, non so se si tratti di un’idea effettivamente attuabile oppure una mera chimera.
Sta di fatto che, non confidando molto negli attuali rappresentanti governativi ritengo pessimisticamente non verrà neppure presa minimamente in considerazione. Troppi interessi di bottega, troppo tempo perso andando incontro a provvedimenti inutili. Dibattiti sterili e privi di significati.
Ma io mi chiedo. Davanti a tante persone colte, elementi preparati, menti diaboliche, è mai possibile che nessuno tra costoro riesca a tirare fuori qualcosa di buono per i poveri giovani italiani, i quali vanno ad arricchire gli altri paesi europei e non?
E’ mai possibile che quando si parla di tassare gli italiani sono tutti pronti a stilare fantomatiche finanziarie, ad aumentare la burocrazia, e quando si parla del futuro dei nostri figli nessuno se ne prenda cura?
E’ mai possibile che altrove la disoccupazione è inferiore al 5% e da noi è quasi triplicata?
Io mi pongo queste e altre domande. Per esempio mi chiedo cosa abbiano più di noi a livello intellettivo i rappresentanti politici degli altri paesi del mondo. Cosa hanno di speciale che noi non possiamo avere?
Allora trovo soltanto una risposta. Loro hanno la volontà politica, la trasparenza, l’interesse comune davanti agli interessi personali. Hanno un forte senso dello Stato, quale figura rappresentativa delle necessità del popolo.

Allora mi pongo un’ultima domanda. Da noi esiste la medesima cosa? Beh! La risposta è assolutamente palese, e cioè NO.

venerdì 10 febbraio 2017

OCCUPOLIS - come abolire la disoccupazione e l'inoccupazione

La proposta di SENONLAVORO.

Se ogni componente di una famiglia, per esempio napoletana, versasse 1 euro al mese per dodici mesi si otterrebbe un importo annuo pari a euro 11.653.164 circa (abitanti 971.097 * 12). Ebbene detto importo diviso per uno stipendio medio mensile pari a euro 800,00 (moltiplicato per 2 per via dei contributi previdenziali e tasse) e quindi euro 1600 X 12 = 19.200 euro annui per lavoratore comporterebbe la possibile assunzione di 606 dipendenti nel Comune di Napoli.
Ora supponiamo che una famiglia sia composta da 4 persone presenti nel medesimo stato di famiglia, ciò comporterebbe l’assegnazione di 4 dipendenti "figurativi" a suddetta famiglia. E cioè, detta famiglia in un anno verserebbe l’importo di euro 48,00. Applicando, per esempio, un coefficiente di “ritorno” la famiglia avrebbe un beneficio in termini di sgravi fiscali supplementari annui pari a (euro 48,00 * 1,5 = euro 72,00). Quindi se è vero che la famiglia in questione ha contribuito con 48 euro all'assunzione di n. 4 dipendenti "figurativi" è anche vero che ha un ritorno superiore a quanto versato, e cioè, una decurtazione supplementare dei tributi per euro 24,00 (48,00+24,00=72,00 euro).
Detta soluzione presenterebbe dei vantaggi, sia per la famiglia che risparmia sui tributi locali che per il lavoratore in cerca di occupazione. Un terzo vantaggio lo avrebbe lo Stato che ridurrebbe in modo stabile la disoccupazione.
L’impiego dei dipendenti sarebbe mirato esclusivamente a ridurre i costi di bilancio. Per esempio assegnando loro competenze che, solitamente, vengono assegnate in esterna, oppure funzioni di controllo per evitare gli sprechi. Qualsiasi impiego andrebbe bene, purché finalizzato alla “monetizzazione” del loro impiego.  
In parole povere detti lavoratori dovrebbero portare materialmente nelle casse comunali quantomeno un importo pari a quello che poi dovrà tornare sottoforma di sgravi alle famiglie che hanno contribuito alla loro assunzione. Una possibile soluzione, ad esempio, potrebbe essere quella di far produrre loro, secondo le proprie competenze, oggetti da immettere sul mercato attraverso canali privilegiati, anche informatizzati, oppure di prestare servizi a costi più competitivi per conto dei comuni rispetto ai privati. Il tutto sotto legida del comune.
L’assegnazione di uno o più lavoratori alle famiglie seguirebbe dei criteri ben precisi. Più la famiglia è numerosa e, quindi, maggiore sarà il contributo da essa apportato, maggiori dovranno essere le capacità del lavoratore nel poter “tornare” alla famiglia l’equivalente monetizzazione in termini di sgravi fiscali.
L’assegnazione dipenderebbe tenendo in considerazione anche i titoli di studio conseguiti ed il carico familiare del lavoratore stesso.
L’occupazione potrebbe essere a tempo determinato o a tempo indeterminato, oppure a rotazione di 24 mesi in modo da dare occupazione a più persone possibili. Tutto dipende dal numero di disoccupati presenti nel comune.
La cosa potrebbe essere estesa anche alle aziende, in base al numero di dipendenti, aumentando così il numero di occupati in pianta stabile.
Per esempio se un’azienda avesse n. 12 lavoratori essa contribuirebbe per euro 144,00 annui (euro 12,00 * 12 mesi). Ciò vuol dire che le verrebbero assegnati altrettanti lavoratori figurativi (n. 12) con uno sgravio supplementare sui tributi locali pari ad euro (144,00 * coefficiente 1,5) = euro 216,00.

Il coefficiente, sarebbe comunque modificabile all'occorrenza, e cioè in base a precisi parametri. L’importante che esso sia sempre superiore a 1,2.

2016: LE PROFESSIONI PIU' PAGATE NEGLI USA


Di recente US News e World Report  hanno stilato una classifica su quelli che sono i lavori più retribuiti negli Stati Uniti nel 2016 che ha come parametri: lo stipendio medio, il tasso di occupazione, la crescita, le prospettive di lavoro ed il livello di stress.
Da una prima occhiata è evidente come i lavori riguardanti l’ambito della sanità occupino i primissimi posti della classifica.
Infatti nei primi cinque posti, dal basso verso l’altro troviamo le professioni di:

5) Odontoiatra;
4) Ostetrico e ginecologo;
3) Chirurgo facciale;
2) Chirurgo;
1) Anestesista.

Entrando più in dettaglio. L’odontoiatra guadagna circa 201.000 dollari l’anno con una crescita prevista nei prossimi anni di circa il 18%. L’ostetrico e ginecologo guadagnano circa 214.000 dollari l’anno. Il chirurgo facciale guadagna mediamente 220.000 dollari l’anno. Il chirurgo circa 240.000 dollari l’anno. Ed infine l’anestesista raggiunge la vetta della classifica con circa 246.000 dollari annui.
Risulta evidente come chi si specializzi in questi settori abbia notevoli possibilità di guadagno e di inserimento lavorativo negli USA.
Facendo una prima considerazione sulle abitudini degli americani si potrebbe affermare che costoro hanno: uno stile di vita di un paese che fa un uso eccessivo di cibo “spazzatura”, che è particolarmente incline alla procreazione, che si sofferma sul lato estetico, ma soprattutto che ha sovente problemi di salute.
E’ noto come la sanità statunitense non brilli per servizi ai cittadini, i quali sono obbligati a sottoscrivere un’assicurazione per garantirsi la copertura medica. Di conseguenza anche le professionalità in ambito medico hanno un costo ed un riconoscimento maggiore. Chi non può sostenere il peso del costo di una polizza (per se e per la propria famiglia) non ha diritto alle cure. Di recente è stato acceso tema di dibattito proprio prima delle ultime elezioni americane.
Infatti, l’ultimo provvedimento di Obama, che allargava il diritto alle cure mediche a milioni di americani è stato recentemente contestato dal neo presidente Trump, il quale ha promesso di revocarlo.
Tornando, infine, sul tema principale dell’articolo. I giovani italiani, che possiedono particolari competenze mediche, possono, di certo trovare spiragli interessanti proprio negli USA.
Gli anestesisti più pagati si trovano a: Detroit, in Michigan, in Kansas ed in Massachusetts.

Da aggiungere, infine che, spulciando la classifica nelle retrovie troviamo altre professioni comunque legate all'ambito medico. Eccezion fatta per le professioni legate al settore finanziario, al marketing e alla professione di avvocato comunque collocate nei primi venti posti. 

giovedì 9 febbraio 2017

I CALL CENTER DESTINATI ALLA CHIUSURA



I call center per sopravvivere spesso adottano una forma di vendita aggressiva (teleselling) sia per quanto riguarda l’energia elettrica, il gas e la telefonia (sia essa fissa che mobile).  Esistono, naturalmente, altri settori che però incidono in misura minore, trattandosi di servizi non di prima necessità.
Negli ultimi anni, però, si è assistito ad un vistoso calo delle vendite. Ciò viene giustificato da un continuo bombardamento dei potenziali clienti che, quotidianamente, ricevono decine e decine di telefonate dalle più disparate compagnie, e quindi, dai call center attraverso i quali avviene la vendita diretta.
In Italia, si conta un fatturato annuo medio di centinaia di milioni di euro, ma nonostante tutto il futuro di gran parte dei call center è segnato. Molti grandi strutture stanno lasciando sul lastrico centinaia di lavoratori precari che, da un giorno all'altro, si ritrovano per strada.
La delocalizzazione, che consente un ammortamento dei costi derivanti principalmente dal lavoro, incentiva gli imprenditori a trasferire le proprie aziende all'estero: principalmente Albania e Romania, dove a livello fiscale si assiste ad una tassazione fiscale inferiore rispetto al resto d’Europa (Italia inclusa).
Ma anche questa mossa nel tempo probabilmente risulterà non efficace al fine della vendita dei prodotti e/o servizi in quanto i soggetti interessati al “bombardamento” sono sempre gli stessi non aumentando di numero.
Si va dalla casalinga, alla persona anziana e poco colta, al professionista di turno. In definitiva, però, chi risponde al telefono è solitamente collocabile in una fascia culturale medio bassa, che è quella qualitativamente migliore ai fini dell’approccio di vendita.
Sovente, infatti, i soggetti più deboli sono coloro i quali credono più facilmente all'interlocutore del call center di turno. Spesso, sottoscrivono contratti mai desiderati sulla scorta di appositi equivoci costruiti ad arte.
Anche i media, (vedi Le Iene) hanno dato ampio risalto a metodi sistematici di vendita telefonica, a dir poco sulla soglia della legalità se non disonesti.
La legge, tra l’altro, ha ristretto notevolmente i campi di azione dei call center impedendo questi ultimi di contattare persone iscritte nel “registro delle opposizioni” appositamente istituito, che sovente risulta essere inefficace ai fini delle chiamate continuando gli operatori a tartassare incessantemente i poveri “sventurati”.
Tra l’altro il “registro delle opposizioni” di recente è stato ampliato anche ai telefoni cellulari che, quindi, non potranno più essere contattati a scopo commerciale.
Naturalmente non tutti i call center operano nella illegalità. Infatti, soprattutto, a livello di vendita alle aziende, il discorso cambia totalmente avendo molti più potenziali acquirenti da poter gestire con un unico contatto.
La trasparenza, in questo caso può assumere un ruolo determinante ai fini della vendita.

A livello di vendita destinata ai residenziali, in realtà, sono pochi i call center che adottano chiarezza e trasparenza nei confronti dei potenziali clienti che, se fortunati, riescono a disdire per tempo il “contratto a distanza” stipulato in modo del tutto inconsapevole.

mercoledì 8 febbraio 2017

ANDARE CONTRO



Andare contro tutto e tutti è decisamente lo sport numero uno in Italia.
Tutti a lamentarsi di questo e di quello. Ma non si è ancora capito che lamentarsi non serve assolutamente a nulla! Il concetto di azione viene spesso sottovalutato anche a livello intellettuale.
Perché non cercare di cambiare le cose? Perché non dare una mossa ad un paese, l'Italia, che non ha altro cui pensare se non quello di debordare puntualmente chi cerca di operare "onestamente"?
E allora mi vengono in mente tutte quelle dita puntate contro la Raggi, per esempio, colpevole forse di non essere sufficientemente maliziosa da gestire evidenti situazioni di imbarazzo.
Fosse più brava a schivare il fango, a prendere in giro il pubblico, magari avrebbe sorte migliore.
Signori è evidente che i problemi di una città, figurarsi Roma, non si risolvono con un colpo di spugna. Occorre molta pazienza e molto tempo.
Ricordo il detto di qualcuno: "chi lavora sbaglia sempre". E' vero, verissimo.
In queste decine di anni abbiamo assistito al peggio che un paese possa perpetrare.
Scandali su scandali, mazzette su mazzette.
E adesso, che forse le cose possono cambiare incrementiamo la dose di disprezzo.
Additiamo a chi non è colpevole le colpe di un intero sistema soggiogato dalle belle parole,
dalle promesse dei potenti.
Consiglio ai più di guardare un bel film "L'ora Legale" di Ficarra e Picone. Probabilmente da esso si possono trarre degli spunti molto interessanti sul sistema di cose e sugli umori che aleggiano attualmente in Italia.
Poi si parla di cambiamento; quando in realtà non lo vuole nessuno, o meglio, solo se a tutela dei propri interessi personali.
Noi italiani siamo bravi ad andare contro tutto e tutti.
Però quando toccano i nostri personali interessi siamo anche pronti a non ribellarci e a pregare che le cose non cambino.
E non abbiamo etica che tenga, perché siamo purtroppo fatti così.
Personalmente provo ammirazione per coloro i quali sanno scegliere la propria classe dirigente, senza tema di smentite. Provo ammirazione per quei popoli seri e davvero coesi.
E allora andare contro avrebbe senso, ma solo dopo aver guardato dentro se stessi e aver letto la propria coscienza sociale e di voto.



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