L’aspetto esistenziale di un
disoccupato riflette tutte le sue ansie, le paure cumulate nel tempo dell’attesa,
spesso infinita e scoraggiante. Tutto questo consente il “dissesto” morale
della persona, la quale (esasperata) non riesce più ad attingere dalle poche
energie mentali rimaste. E allora tutto si tramuta in inferno, depressione. Un macigno staziona in loro, come un groppo alla gola che non svanisce. Cominciano a mettersi in discussione i pilastri stessi della vita. Se a quanto
detto aggiungiamo la mancanza di una prospettiva la frittata è fatta. Un futuro
senza certezze, e soprattutto, senza pensione. Quanti precari versano i
contributi previdenziali per poi trovarsi con un pugno di mosche in mano?
Quante persone finanziano le pensioni a coloro i quali hanno un lavoro a tempo
indeterminato? Provate per un attimo a rispondere a queste domande. E allora
appare ovvio come molti di noi dovranno lavorare fino all’ultimo giorno di
vita. “Lavorare per vivere” e non “vivere per lavorare”: questo il mio motto. Ed
invece ci troveremo a dovere vivere per lavorare! E’ questa la realtà. Senza
sapere fino a quando, senza avere alcuna garanzia, senza nessuna prospettiva
per molti giovani di poter realizzare il sogno di una vita: la famiglia. L’assegno
sociale, mesi or sono, stava per essere messo in discussione sia alla Camera
quanto al Senato, ma per quanto tempo lo Stato lo renderà ancora disponibile?
Temo ancora per qualche decennio, forse per qualche anno. Come vedete gli
interrogativi sono tanti, e le poche risposte possibili sono esclusivamente
contenute nel futuro. Proporrei di restituire
i contributi previdenziali insufficienti al raggiungimento di un minimo di
pensione, cumulati nel tempo, versati durante prestazioni occasionali o a tempo
determinato, ai legittimi possessori, in
modo da poterli aiutare nel proprio sostentamento. Tanti sono i casi in cui
gli esodati, per esempio, si ritrovano con 15, 20, 25 anni di contributi
versati senza poter accedere alla pensione minima. Qualcuno di loro provvede
all’integrazione con versamenti volontari, il più delle volte costosi e
dispendiosi. Costoro, per assurdo devono ritenersi fortunati, in quanto un
minimo di reddito da lavoro dipendente lo hanno raggranellato. Sta di fatto
che: disoccupati, inoccupati, esodati, inabili al lavoro, vengono accomunati
dal medesimo destino, quello di avere enormi difficoltà, non solo sul piano
della prospettiva, sul piano occupazionale, ma sul piano familiare e sociale.
Ci sono intere famiglie sul lastrico. I poveri aumentano, le risorse calano, e
contemporaneamente la rabbia cresce, così come gli omicidi ed i reati, per non
parlare dei suicidi. La depressione è un rischio fondato. Essa non va
sottovalutata ma affrontata seriamente dalle istituzioni.