lunedì 28 aprile 2014

PRECARI SENZA PENSIONE


Tutti coloro i quali lavorano con contratti a termine o con contratti di natura similare sono comunque tenuti al versamento di contributi previdenziali. Detti contributi vengono raccolti durante la vita lavorativa e alla fine concorrono alla determinazione della pensione. Della pensione??? Ma quale pensione??? Facciamo l’ipotesi che durante l’arco della sua esistenza una persona lavori complessivamente per 14 anni. Ebbene, non percepirà alcuna pensione. E secondo voi dove andranno a finire i contributi che il soggetto in questione ha faticosamente versato magari dopo tanti contratti a tempo determinato (solitamente dalla durata da 1 mese a 6 mesi)??? Andranno a pagare le pensioni altrui. E questo secondo voi è un modo democratico di gestire la questione??? La risposta è palese a tutti quanti voi cari lettori … NO.
Qualcuno dirà che è possibile fare dei versamenti di tipo volontario. Si è possibile, ma a quale costo per il lavoratore? E poi versare 11 anni di contributi per percepire uno straccio di pensione minima? E poi come accedere alla pensione complementare che comporta dei versamenti puntuali scadenzati nell’anno? Quale garanzia ha un precario per poterli versare se i propri contratti sono di breve scadenza (quando ci sono)?
La mia proposta è la seguente. Si tratta, a mio modesto avviso, di una soluzione equa. L’Inps dovrebbe restituire al lavoratore quantomeno le somme versate (maggiorate degli interessi legali) al legittimo possessore utilizzando una delle seguenti formule:
1)      una tantum da restituire al raggiungimento dell’età pensionabile;
2)      importo delle somme versate per rimpinguare l’assegno sociale.
In tutti i casi, qualunque soluzione andrebbe bene se in direzione della restituzione delle somme trattenute dall’Istituto Previdenziale.
Proporrei che qualcuno prendesse in carico detta proposta che potrebbe comunque rappresentare un piccolo sollievo per i numerosi precari in circolazione sul territorio nazionale.
Ultima considerazione che poi è una domanda. Perché il PD, autore del famoso JOBS ACT non ha incrementato le forme di garanzia a tutela dei lavoratori precari dato che i nuovi provvedimenti vanno in direzione dell’aumento dello stato di precarietà???
Mi rendo conto di non ricevere alcuna risposta in tal senso. Però credo che in questo Paese manchi la volontà di aiutare coloro che sono in difficoltà anche con provvedimenti apparentemente semplici e forse scontati come quello di cui nel presente articolo.

La verità è che il precario non fa gola a nessuno. Non è, cioè, materia di interesse per chi sta al potere.

giovedì 17 aprile 2014

WHATS THE JOBS ACT


I famosi provvedimenti sul lavoro dove sono? Milioni di giovani italiani languono in attesa di una occupazione. Aspetta e spera! In effetti piuttosto che attendere delle soluzioni dal governo centrale sarebbe meglio darsi una “mossa” per conto proprio. Questa non vuole essere affatto una critica rivolta ai giovani disoccupati, bensì un atto motivazionale affinché talentuosi ragazzi possano finalmente dimostrare (prima a se stessi e poi agli altri) il proprio valore. E’ un vero peccato che tante conoscenze non possano essere immesse nel circuito lavoro. Potrebbero migliorare la società odierna, non soltanto dal punto di vista tecnologico, ma anche dal punto di vista ideologico. L’immissione di nuove idee, unite ad una partecipazione emotiva, è senza dubbio alcuno una delle soluzioni all’assenza di innovazione tecnologico-culturale. Cooperative di intellettuali con spiccate propensioni naturali (ma dal senso pratico) potrebbero suscitare una ulteriore serie di dubbi tra le tante incertezze, ma inavvertitamente, dare delle risposte concrete in un mare di tanta approssimazione e di forte scetticismo. Dal punto filosofico non fa assolutamente una grinza. L’attuale governo non possiede i requisiti affinché gli under trenta possano trovare spazio all’interno di aziende, né tantomeno all’interno delle strutture pubbliche. I concorsi, com’è oramai noto da tempo, sono in netta diminuzione rispetto ai decenni precedenti. Il famoso Jobs Act, tanto per scopiazzare gli americani, non ha nulla cui riferirsi rispetto ai provvedimenti utilizzati negli USA; tutt’altra storia. Forse credono che parlando inglese, gli italiani siano talmente stupidi, da non capire il significato di un documento atto a creare maggiore instabilità dei posti di lavoro? Il messaggio, signori miei, è chiaro! Siete giovani? andatevene dall’Italia, perché se aspettate un nostro serio provvedimento state freschi! La voce della verità, a volte, fa breccia nei cuori delle persone. Ma tornando al discorso iniziale il punto è questo. Non c’è lavoro? Inventalo! All’Estero tanti ragazzi utilizzano la propria creatività, grazie soprattutto al supporto di internet e delle proprie conoscenze informatiche. Sfruttano la propria passione e la mettono a disposizione degli eventuali fruitori (siano essi clienti e/o collaboratori). E’ chiaro che non a tutti va bene, ma quantomeno ci provano. Mi viene in mente un ragazzo australiano (di cui non ricordo il nome) che annualmente riesce a guadagnare circa 300 mila dollari. Il tutto attraverso il proprio blog. Prima di abbandonare il Belpaese proviamo tutti insieme a dare il meglio di noi per poi non avere rimpianti.

giovedì 10 aprile 2014

ETICA E COERENZA


Una considerazione di tipo etico-morale andrebbe fatta. Partendo dal fatto che i media: giornali, tv, radio, talk show e quant’altro spalleggiano in modo palese (oserei dire spudorato) Renzi, mi chiedo chi rappresenti la vera opposizione in Parlamento. La risposta è altrettanto nota, e cioè il Movimento Cinque Stelle. Ebbene, il sig. Presidente del Consiglio non fa altro che accodarsi ai suoi predecessori. Devo fare l’elenco? Non credo serva. Oramai è palese anche quello! Promesse, promesse, promesse, e neppure da marinaio (altrimenti i due marò sarebbero liberi). Promesse che non trovano riscontro nella realtà. E’ proprio di ieri la notizia che le celeberrime detrazioni d’imposta per il coniuge a carico verranno abolite. Eppure in tv nessuno ne parla. Soltanto la rete che da ieri ha preso d’assalto internet e twitter in modo particolare. Se non fosse stato per una “cittadina” presente in Parlamento, nessuno ne sarebbe venuto a conoscenza. Nel silenzio totale dei media che assecondano appieno il Governo si stanno per consumare “crimini” nei confronti dei cittadini italiani, che, non più ignari, finalmente riescono a sapere ciò che avviene in quella “scatoletta” chiusa in se stessa. In tutto questo dove sta la considerazione etico-morale? Eccola servita su di un piatto d’argento. NON E’ ETICO, NON E’ MORALE PRENDERE IN GIRO GLI ITALIANI. NON E’ ETICO, NON E’ MORALE, approfittare di un seguito mediatico senza avere una contrapposizione netta, un dialogo, un confronto diretto (anche a livello mediatico). “Chi è contro di me non ha capito nulla. E’ contro l’innovazione, contro il progresso della democrazia!”. Il sig. Renzi parla parla parla. Guai andargli contro perché altrimenti si viene tacciati di conservatorismo. Ma se le riforme sono del tutto sconclusionate, se le stesse sono state discusse in secrete stanze, senza alcun contraddittorio cosa si aspettava il sig. Renzi? NON E’ ETICO, NON E’ MORALE concedere ottanta euro per poi prenderne sessantacinque dall’altra parte. Occorre pulizia etica, pulizia morale, ma soprattutto, occorre coerenza quella che nessun partito possiede al proprio interno. E la gente che si svegli finalmente dal torpore che la circonda. Guardi in faccia la realtà e la faccia propria nel momento opportuno. Basta fare sconti alla politica!

lunedì 7 aprile 2014

AZIENDE CHE ABBANDONANO L'ITALIA


Prendo spunto dall’interessantissima inchiesta condotta da un giornalista di LA7 de “La Gabbia” andata in onda ieri sera e relativa ai finanziamenti che aziende italiane hanno ricevuto al fine di portare le proprie attività all’estero. E’ davvero scandaloso che questo sia avvenuto grazie ai fondi raccolti dalla Cassa Depositi e Prestiti. Fondi che derivano dai risparmiatori italiani tramite i loro libretti postali. Io non credo affatto che i nostri concittadini siano felici di contribuire indirettamente alla esternalizzazione delle imprese sapendo che ci sono 9 milioni di disoccupati in Italia. Non credo affatto siano felici di contribuire allo sfascio occupazionale creato da una classe dirigente e politica inetta. Nello specifico queste aziende licenziano i propri lavoratori italiani per assumerne altrettanti nel paese di destinazione. Questo perché costano meno riuscendo ad abbattere notevolmente i costi di produzione. Ieri sera, non ho nascosto la mia rabbia nel sentire ciò che avviene nel silenzio quasi totale della stampa. E allora mi chiedo quante cose accadono a nostra insaputa??? Se non fosse per le inchieste condotte da giornalisti efficienti (pochissimi a dire il vero) che fanno emergere gli scandali parlamentari non saremmo mai a conoscenza di niente che non possa farci incazzare. Altra affermazione choc! Ai dipendenti della Micron (ingegneri altamente specializzati nella produzione di memorie informatiche) è stato detto: “trasferitevi all’Estero”. E sapete chi ha risposto loro in questo modo??? Il Ministro dello Sviluppo Economico. Assurdo!!! La Micron ha proposto loro di trasferirsi negli USA, come se fosse una passeggiata. Non vedo il motivo per cui questi lavoratori specializzati (risorse importanti del nostro Paese) debbano trasferirsi in un altro luogo per poter lavorare. Assurdo!!! Un’azienda, la Micron, che tra l’altro registra un ottimo fatturato e che, quindi, gode di buona salute. Parliamo di oltre 400 dipendenti che lo Stato Italiano dovrebbe tutelare e garantire. E invece risponde loro di andarsene, di portare all’estero la propria competenza e la propria professionalità. Questo è il governo di un uomo che promette promette promette e non mantiene. Un uomo che fugge davanti alle domande  scomode e che ha come l’obiettivo di esternalizzare le aziende italiane? Forse questo modo di operare è stato inserito nel Jobs act? Davanti a tutto questo si rimane semplicemente sconcertati. Povera Italia e poveri italiani.

giovedì 3 aprile 2014

DISOCCUPAZIONE NEL MONDO


Mentre il Giappone presenta solo il 3,7% di disoccupazione, la cosa sorprendente sta nel fatto che i paesi dell’area Euro, i cosiddetti paesi industrializzati, mostrano dei livelli allarmanti di disoccupazione.  La zona Euro ha quasi il 12% di disoccupati (il doppio del Cile e 3 volte il Giappone). La politica disfattista europea, evidentemente, ha ben contribuito alla mancata crescita dei posti di lavoro. Si è troppo badato alla austerità e poco alla produttività e al progresso. Nonostante la grave situazione greca, quest’ultima registra lo 0,52% in meno di disoccupazione (fanalino di coda con oltre il 27% di inoccupati insieme alla Spagna), esistono in Europa paesi virtuosi come quelli scandinavi. In realtà è la Norvegia la nazione con la disoccupazione più bassa al mondo, con solo il 3,6% di inoccupati. Meno tasse e meno Stato è stata la svolta di Oslo. Non una svolta verso uno Stato minimo, ma verso uno Stato leggero, verrebbe da dire low cost, cioè in linea con i desideri dei contribuenti-elettori.
Prendo spunto dall’analisi di Edoardo Narduzzi uscita sul quotidiano Italia Oggi.



Dopo otto anni di socialdemocrazia la Norvegia, unico paese tra quelli Ocse a non avere neppure un centesimo di debito pubblico, sceglie di essere uno dei leader del riformismo globale di questo inizio di ventunesimo secolo. La maggioranza degli elettori affida al premier, Erna Solberg, un programma di riforme che sarebbero state, non solo utopiche, ma perfino criminogene se proposte in Scandinavia nel secondo Novecento. Meno tasse e riduzione importante della pressione fiscale, privatizzazioni delle imprese pubbliche, dismissione di parte del patrimonio del fondo sovrano che ha accumulato ben 750 miliardi di euro, rivisitazione della presenza pubblica nell’organizzazione dell’offerta dei servizi del cosiddetto welfare state. Per un paese che, di fatto, non ha inflazione (l’1%), che convive con una disoccupazione minima del 3%, che non ha problemi di sostenibilità del sistema previdenziale grazie ai ricchi e continuativi proventi del petrolio e che vanta una qualità media di vita da primato per le varie classifiche internazionali in materia. La svolta programmatica lancia un segnale che va ben oltre Oslo e impatta tutti i paesi occidentali, quelli che un tempo venivano classificati come economie avanzate, costretti a fare i conti con la globalizzazione.
La maggioranza degli elettori norvegesi, i più patrimonializzati al mondo quindi anche quelli teoricamente meno preoccupati dal cambiamento, si è pronunciata in favore di riforme che modifichino, non superficialmente, gli equilibri del ’900 tra uno Stato che fa troppo e un privato che deve pagare troppe tasse per mantenerlo e conserva troppo poco per investire su se stesso per restare competitivo nella globalizzazione.
La politica norvegese, dedita all’occupazione ed al benessere dei propri cittadini dovrebbe rappresentare un esempio pratico per i governanti del mondo, e non solo per quelli dell’area euro. Perché nessuno trae spunto dalle riforme norvegesi? Perché risultano essere scomode? Forse le risposte ci sono, però mancano gli interpreti che diano voce alle stesse.


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