Come da previsioni l’Inps
comunica la mancata proroga della Dis-Coll,
prestazione di disoccupazione istituita in via sperimentale dall’art. 15 del Decreto legislativo n. 22
del 2015 riservata a coloro che vengono assunti con contratti co.co.pro, a progetto, tipici per
esempio dei call center, iscritti in via
esclusiva alla gestione separata.
Il periodo interessato dalla
copertura riguarda il 2015 con successiva proroga per il 2016 e la domanda va inoltrata esclusivamente in via
telematica.
Naturalmente coloro che hanno
perso il lavoro nel corso del 2016 possono presentare regolare domanda all’INPS
nel corrente anno entro i termini previsti dal decreto, e cioè 68 giorni dalla
data di cessazione del rapporto di collaborazione.
Ciò si verifica per un vuoto
normativo che fa decadere in automatico la prestazione per tutti coloro i quali
nel 2017 dovessero perdere il posto di lavoro in maniera “involontaria”.
La prestazione ha un tetto
massimo di sei mesi, di cui gli ultimi
tre con importo decrescente (3% in meno), e prevede una serie di
adempimenti e, cioè, il rispetto del cosiddetto “patto di servizio” stipulato con il Centro per l’impiego presso il
quale presentarsi con cadenza mensile al fine di dimostrare di stare cercando
fattivamente un impiego che sia “congruo” e, cioè, dal reddito superiore di
almeno il 20% rispetto a quello percepito con la disoccupazione.
La misura della prestazione è
pari al 75% del reddito medio mensile ed in ogni caso non può superare la
misura massima mensile di 1300 euro.
La decisione della mancata
proroga del provvedimento nato con la Jobs
Act, ha provocato naturalmente le reazioni dei maggiori sindacati dei
lavoratori italiani, i quali si adopereranno
per il ripristino del suddetto “ammortizzatore sociale” spingendo il governo a
creare un apposito decreto che possa intervenire in merito. Per quanto riguarda
invece i lavoratori dipendenti esiste la NASPI,
vigente anche per coloro i quali dovessero essere licenziati nel corso del 2017.
Un vuoto legislativo, quello perpetrato ai danni dei precari che sottrae loro la
possibilità di poter gestire una situazione di per se grave colmando il periodo
di riavvicinamento al lavoro con un minimo di tranquillità relativa, in quanto
trattasi comunque di un periodo molto limitato.
Si potrà forse ricorre al decreto
“Milleproroghe” per sanare una situazione che riguarda mediamente 50.000
lavoratori precari?
Verrebbe da dire: “la solita Italia” che esclude i deboli.