lunedì 13 febbraio 2017

AMMORTIZZATORI... ROTTI


Come da previsioni l’Inps comunica la mancata proroga della Dis-Coll, prestazione di disoccupazione istituita in via sperimentale dall’art. 15 del Decreto legislativo n. 22 del 2015 riservata a coloro che vengono assunti con contratti co.co.pro, a progetto, tipici per esempio dei call center, iscritti in via esclusiva alla gestione separata.
Il periodo interessato dalla copertura riguarda il 2015 con successiva proroga per il 2016 e la domanda va inoltrata esclusivamente in via telematica.
Naturalmente coloro che hanno perso il lavoro nel corso del 2016 possono presentare regolare domanda all’INPS nel corrente anno entro i termini previsti dal decreto, e cioè 68 giorni dalla data di cessazione del rapporto di collaborazione.
Ciò si verifica per un vuoto normativo che fa decadere in automatico la prestazione per tutti coloro i quali nel 2017 dovessero perdere il posto di lavoro in maniera “involontaria”.
La prestazione ha un tetto massimo di sei mesi, di cui gli ultimi tre con importo decrescente (3% in meno), e prevede una serie di adempimenti e, cioè, il rispetto del cosiddetto “patto di servizio” stipulato con il Centro per l’impiego presso il quale presentarsi con cadenza mensile al fine di dimostrare di stare cercando fattivamente un impiego che sia “congruo” e, cioè, dal reddito superiore di almeno il 20% rispetto a quello percepito con la disoccupazione.
La misura della prestazione è pari al 75% del reddito medio mensile ed in ogni caso non può superare la misura massima mensile di 1300 euro.
La decisione della mancata proroga del provvedimento nato con la Jobs Act, ha provocato naturalmente le reazioni dei maggiori sindacati dei lavoratori italiani,  i quali si adopereranno per il ripristino del suddetto “ammortizzatore sociale” spingendo il governo a creare un apposito decreto che possa intervenire in merito. Per quanto riguarda invece i lavoratori dipendenti esiste la NASPI, vigente anche per coloro i quali dovessero essere licenziati nel corso del 2017. Un vuoto legislativo, quello perpetrato ai danni dei precari che sottrae loro la possibilità di poter gestire una situazione di per se grave colmando il periodo di riavvicinamento al lavoro con un minimo di tranquillità relativa, in quanto trattasi comunque di un periodo molto limitato.
Si potrà forse ricorre al decreto “Milleproroghe” per sanare una situazione che riguarda mediamente 50.000 lavoratori precari?
Verrebbe da dire: “la solita Italia” che esclude i deboli. 
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