martedì 17 gennaio 2012

LA METAMORFOSI DEL LAVORO


Oggi più che mai il lavoro ha subito una forte trasformazione dovuta ad alcuni fattori predominanti. Il primo fattore  riguarda l’andamento economico sicuramente sfavorevole, il secondo, per effetto del primo basa il lavoro esclusivamente sulle proprie qualità personali, e quindi, sulle risorse umane. Il denaro non subisce alcun incremento e rimane stazionario, per cui si tratta di distribuire meglio lo stesso. Per far ciò, coloro che operano con determinazione e volontà, talora in modo scorretto, sottraggono quella fetta di denaro che proveniva da utenti, aziende e consumatori e che era destinato ad imprese medio-grandi operanti in svariati settori: dalla produzione di beni, alla distribuzione di servizi. Attività che si pongono tale obiettivo fanno spesso riferimento a: call center, agenti di commercio, rappresentanti ed altre figure affini. Oggi più che mai chi possiede il dono della comunicazione, della gestualità con maggior facilità trova inserimento in tali attività che sono quindi prettamente meritocratiche, anche se, spesso mal pagate. Per effetto di dette considerazioni Il lavoro a tempo indeterminato non esiste più. Il lavoro sicuro e sulle scrivanie è roba riservata a coloro che hanno avuto la fortuna di accaparrarselo. Da una parte questo può essere positivo, poiché tende a valorizzare coloro che hanno voglia di mettersi in gioco, dall’altra richiede da parte di coloro che sono in cerca di un lavoro una forte determinazione ed una volontà senza eguali. Nessuno regala niente a nessuno e la flessibilità, spesso coincide con una lotta clandestina ed una guerra tra poveri. Questo ambito viene riservato ad aziende, lavoratori ed utenti finali. Dove entra in gioco lo Stato? Il governo italiano, in rappresentanza del popolo italico, a mio avviso, dovrebbe avere il compito di far si che il denaro in circolo venga incrementato attraverso delle politiche legate al contrasto sull’evasione fiscale, ma soprattutto, attraverso la costituzione di imprese pubbliche, anche a partecipazione privata, atte ad assorbire manovalanza. Lo spirito con il quale il governo dovrebbe agire è quello di un esecutivo che guardi alla concorrenza globale. E cioè l’Italia dovrebbe entrare in concorrenza con gli altri paesi europei ed extraeuropei. Non basta più guardare nel proprio orticello. D’accordo bisogna dapprima soddisfare il mercato interno, ma se l’esecutivo vuole creare nuovi posti di lavoro deve mettersi in gioco rivolgendo la propria attenzione al mercato globale. Occorrono nuovi investimenti ed investitori che, attratti da una corretta politica del credito e da tutele giudiziali siano pronti a scommettere sull’Italia. La nostra nazione è piena di imprenditori cinesi, perché non sfruttarne le potenzialità girandole a nostro favore, proponendo loro dei piani appetibili ad esempio? Il mercato italiano è gessato per via di “malanni” storici. Caste, corporazioni, lobby, associazioni, andrebbero abolite lasciando spazio alla meritocrazia e alle persone capaci. 


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